La città dei poligami

(di Domenico Quirico. Fonte: la Stampa)
Quando la famiglia va al supermarket il marito marcia davanti, dignitoso e quieto. Poi segue la prima sposa, matroneggia nelle cento pieghe della sua tunica fiammeggiante. Poi le altre mogli più giovani: vampate di femminilità, il petto vanitoso dei vent’anni, che spingono avanti piccole greggi di bimbi di tutte le età. Tutta la strada sembra ballare in una festa di galabia, di bou-bou, di turbanti, uno sventolio di strilli e risate. Un marito con più mogli: normale in Mali, in Niger, dove si obbedisce al Corano ma non ci si immusonisce grazie alla negritudine. È l’Africa: anzi no. Intorno non ci sono gli eucalipti e le mimose; il Niger non scorre lento e bruno tra le sabbie. Siamo a Les Mureaux, città satellite di Parigi; ma la Ville Lumière è finita da un pezzo. Questa è la città dei poligami. Quando una di queste famiglie sfila nelle strade sembra che cammini sulle occhiate; sguardi golosi e invidiosi dei bianchi che distillano nelle osterie il liquore della noia quotidiana. La poligamia è, naturalmente, vietata in Francia. Fulmini legislativi da tredici anni puniscono esplicitamente i colpevoli di queste abitudini con l’espulsione. Poi, come sempre, anche il codice napoleonico deve acconciarsi con i tempi nuovi dell’immigrazione, bisogna chiudere gli occhi, tollerare, sopire. Le scorciatoie non mancano: la legge non è retroattiva, le donne che vivono in Francia da più di quindici anni e hanno avuto qui bambini hanno diritto alla carta di soggiorno. Insomma: le famiglie «illegittime» di questo tipo sono ventimila. Cifre ufficiali. E probabilmente i pudori delle statistiche non hanno frugato in molte case. A Les Mureaux i poligami arrivano quasi tutti dal Mali, ex impero francese assetato e derelitto, giuntura scricchiolante tra le due Afriche musulmana e nera. Ottanta famiglie, mille bambini. Piccole tribù imbarazzanti. Sono storie complicate, miracoli di coabitazione: due o tre mogli e una quindicina di bimbi inscatolati in settanta metri quadri, fragili ingegnerie dell’affetto con le consorti divise una per stanza e i rampolli tutti insieme in quella centrale. E poi le gelosie, i rancori, i mugugni della coabitazione: perché qui non c’è il villaggio africano che custodisce, controlla, insegna. Lo scandalo, ha deciso il Comune, deve finire. Si irromperà con burbera sveltezza amministrativa in queste tumultuose tribù; si allettano le mogli con la promessa di soldi e di un alloggio tutto privato se lasceranno le spinose delizie della coabitazione. Una ventina tra loro ha già tradito.

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