Veronesi: «La legge sulla fecondazione è anti scientifica e illiberale»

(Intervista di Mario Pappagallo. Fonte: il Corriere della Sera)
MILANO – «È grave quando uno Stato arriva a porre delle barriere alla ricerca con ricadute cliniche concrete e con limitazioni alle libertà individuali dei cittadini, malati o sani che siano». La legge sotto accusa è la numero 40, quella che regolamenta in Italia la procreazione medicalmente assistita, anche nota come fecondazione artificiale. La voce di dissenso è quella del professor Umberto Veronesi, oncologo di fama internazionale, ex ministro della Sanità e promotore, tramite la fondazione che porta il suo nome, di una pubblicazione nella quale otto giuristi spiegano che cosa non va nella legge 40. Pubblicazione in edicola con il Corriere della Sera , prefazione firmata dallo stesso Veronesi.
Professore, che cosa intende con ricadute cliniche negative?
«Un esempio pratico riguarda proprio l’oncologia. Finora noi potevamo congelare gli ovociti fecondati di una paziente che doveva essere sottoposta a chemioterapia, con possibili conseguenze proprio su una successiva vita procreativa, per poi reimpiantarli a cura completata. La legge attuale, la 40, appunto, lo impedisce. E quindi alle donne malate, oltre al peso fisico e psicologico di una malattia come il cancro, viene impedita per legge una progettualità di vita possibile. Questo non mi sembra un fiore all’occhiello per una società moderna».
E le analisi preimpianto vietate?
«In questo caso la legge 40 nega uno dei maggiori progressi della medicina. Pare che il legislatore ignori il vero obiettivo delle analisi preimpianto: quello di dare la possibilità a chi è portatore di una malattia genetica di non trasmetterla ai propri figli. È stata vanificata la grande speranza di ridurre in modo consistente il tragico peso umano e sociale di 30 mila bambini che ogni anno nascono in Italia con gravi malformazioni».
Ma prima delle legge la fecondazione artificiale era una sorta di Far West. E in un campo così delicato occorrono regole rigide a tutela della coppia con problemi di fertilità, a tutela della donna aspirante mamma, a tutela del nascituro. O no?
«Una cosa è controllare i centri autorizzati, stabilendo le caratteristiche di efficienza e sicurezza, fissare una legge quadro a cui fare riferimento… Altra cosa è limitare le libertà individuali e porre barriere alla ricerca. La legge 40 è un passo indietro, non da Stato laico, moderno, che crede nelle scoperte scientifiche da mettere a disposizione di tutti».
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Anche la legge 40 sarebbe espressione di questa schizofrenia?
«È un esempio di come si vogliano allontanare le scoperte scientifiche che il nostro sistema etico-culturale non è pronto a elaborare. Per esempio, a dispetto o forse a causa dei progressi della genetica, questa legge rappresenta dal punto di vista scientifico e civile un passo indietro rispetto alla 194, che stabiliva che la libertà riproduttiva è parte inalienabile dei diritti della persona e fa capo a quel principio di responsabilità individuale che è caratteristica fondamentale di tutte le civiltà democratiche. La nuova legge, invece, fissa precisi limiti alla procreazione assistita proprio ora che la genomica e le biotecnologie hanno ampliato di fatto le possibilità tecniche della procreazione assistita. Addirittura vieta la fecondazione eterologa, la tecnica più semplice e antica (risale al ’700) per risolvere la sterilità di un maschio. È come se la libertà di autodeterminazione di un individuo fosse inversamente proporzionale alla sua effettiva possibilità di esercitarla».
Paura e sfiducia nell’individuo o nella scienza?
«In tutti e due».

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