Trento, il consiglio provinciale boccia il crocifisso

(Di Paolo Micheletto. Fonte: l’Adige)
Il Consiglio provinciale boccia il crocifisso obbligatorio. L´aula ieri ha respinto il disegno di legge presentato da Sergio Divina che prevedeva di dover esporre il simbolo cristiano non solo in tutte le scuole trentine, ma anche negli uffici della Provincia, in Consiglio provinciale, nei consigli comunali e nelle strutture sanitarie. Anzi, l´assemblea non ha nemmeno avviato l´esame degli articoli del testo, approvando un ordine del giorno di Giorgio Viganò, secondo il quale i temi religiosi è meglio lasciarli fuori dal Consiglio provinciale. La proposta – approvata a maggioranza – ha diviso la Margherita, mettendo di fronte due consiglieri che rappresentano gli «estremi» del partito di maggioranza: Adelino Amistadi e lo stesso Viganò. L´assessore regionale aveva infatti presentato un ordine del giorno che prevedeva di «promuovere la conoscenza della nostra identità e delle sue radici religiose anche per favorire il dialogo con le culture altre». Non era previsto di allargare l´obbligo di affissione del crocifisso, aggiungendo però che la «presenza anche all´interno di edifici pubblici non può essere considerata lesiva di qualcuno, ma risulta pienamente compatibile con la laicità dello Stato e sottolinea, anzi, i principi del rispetto, dell´apertura all´accoglienza e della disponibilità alla relazione con tutti». L´ordine del giorno era stato firmato (in piena logica bipartisan) con il forzista Walter Viola: si voleva impegnare il Consiglio provinciale e la giunta ad una serie di iniziative per valorizzare la tradizione cristiana. Invece, nulla da fare: via libera alla proposta di Viganò che ha cancellato sia il disegno di legge che l´iniziativa di Amistadi. […] Sergio Divina dà un giudizio negativo della giornata: «Finché noi cattolici siamo maggioranza, dobbiamo mostrare i nostri simboli. Chi è arrivato da noi ci deve rispetto». E ancora: «Tra qualche decina d´anni dovremo usare metodi meno pacifici per permettere alla nostra cultura di sopravvivere».

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