(di Vittorio Zucconi. Fonte: la Repubblica)
[…] Continua da 15 anni la ballata di Teresa Maria Schiavo nata Schindler, come il signore della lista, dal giorno del 1990 in cui, sposa da poco, si afflosciò al suolo colpita da un infarto che negò ossigeno al suo cervello e la precipitò nella palude tra vita e morte. Quindici anni di lacrime amare, di querele milionarie, di dissensi e poi di odio squisito e assoluto tra gli Schindler, i genitori di Terri, come si faceva chiamare, e Michael Schiavo, il marito e quindi custode legale della donna. Tre lustri che hanno visto quattro cause vinte per “malpractice” contro i medici, dodici ricorsi al tribunale, due petizioni alla Corte Suprema, dieci perizie mediche e psichiatriche contrastanti, attorno a una giovane sposa cicciottella e rotonda che oggi è soltanto un sorriso stanco e vacuo rivolto alla madre mentre le parla, quanto basta e avanza per farle dire quello che ogni madre direbbe, che la figlia è viva. Quindici anni che hanno creato una terra bruciata nella quale si sono lanciate processioni di politicanti in cerca di pubblicità capitanati dal governatore della Florida, Jeb il fratello di Bush. Sulla quale hanno marciato cortei salmodianti di cristianissimi difensori della vita a ogni costo, magistrati giudicanti chiamati a decidere quello che nessuna legge ha mai potuto o voluto codificare, dove finisca, o cominci, la vita umana. E arrivato addirittura un appello dal Vaticano, che il 24 febbraio scorso ha chiesto che la sua vita sia risparmiata perché la sua fine “sarebbe un passo verso la legalizzazione dell’eutanasia”. E naturalmente si sono scatenati branchi di avvocati che stanno banchettando da 15 anni sui resti di Terri Schindler-Schiavo, al ritmo di almeno un milione e mezzo di dollari spesi finora dalle parti per decidere se staccare o no quei tubi. Ma questa volta, il sentiero delle lacrime che aveva portato Terri dalla California, dove ebbe l’infarto a 27 anni, alla Florida, dove la curarono (male) e ora l’assistono in un ospedale di Clearwater, sembra arrivato davvero alla fine. Qualche giorno fa, il 25 febbraio, il giudice Greer della contea di Pinellas, dove l’ospedale sorge, ha emesso la parola definitiva. Vista l’ordinanza del febbraio 2000, nel quale il tribunale aveva accolto l’istanza del marito Michael, e i cinque anni di sospensione dell’ordine per l’intervento di sempre nuove petizioni e di Jeb Bush, il magistrato ha stabilito che questa storia deve finire. Pertanto “ordina che i meccanismi di nutrimento e idratazione […] siano rimossi alle ore 1: 00 pm (le tredici) di venerdì 18 marzo 2005”. […] Dalla California, al capo opposto del continente, il miliardario Robert Herring, uno dei baroni di Silicon Valley che ha fatto i soldi con i circuiti integrati per computers, deposita un assegno per un milione di dollari presso il proprio avvocato, a disposizione di Michael Schiavo se il marito rinuncerà alla custodia legale di Terri e la cederà ai genitori. […] Pratico cinismo da uomo di soldi, ma il marito ha già detto di “no”, offeso. “Ho incassato 700 mila dollari in danni dai medici che non seppero curare Terri e me li sarei potuti godere scaricandola al genitori. Invece sono rimasto con appena 70 mila dollari e con il giuramento che feci a mia moglie nei suoi ultimi momenti di lucidità, quando mi chiese di non lasciarla vivere appesa alle macchine”. Si sono mossi parlamentari repubblicani a Washington. Si annunciano veglie di preghiere, cortei, rosari, novene nei pochi giorni che mancano, e interviste televisive alla madre che mostra a chiunque voglia vederlo il breve video della sua “bambina” che sembra davvero sorridere e guardarla con l’abbandono totale di un neonato, mentre lei le parla adagio. Senatori leader della “destra cristiana”, guidati da Brownback del Kansas, preparano provvedimenti d’emergenza, per cambiare le norme nazionali sulla custodia degli incapaci, ma scrivere, discutere in commissione e approvare una legge così delicata e importante, nei sei giorni che mancano alle 13 di venerdi, è uno show per le organizzazioni religiose mobilitate per “il diritto alla vita”. No, questa volta sembra davvero che l’agonia di 15 anni sia arrivata alla fine, se neppure un milione basta più per comperare una vita.