(di Camilla Desideri. Fonte: Internazionale)
“Un anno dopo l’approvazione in Francia della legge che vieta l’uso di simboli religiosi nelle scuole pubbliche, lo psicodramma sul velo sembra ormai acqua passata”, scrive Le Monde nel suo editoriale. Anche se è ancora presto per fare un bilancio definitivo, ci si può tuttavia basare sulle cifre rese pubbliche dal ministero del’istruzione: “Dal 15 marzo 2004 il numero degli studenti che manifestano in modo visibile un’appartenenza religiosa è passato da 1500 a 639”. Secondo il ministro dell’istruzione François Fillon, nella maggior parte dei casi si è raggiunta una soluzione di compromesso. Le situazioni difficili riguardano soltanto un centinaio di adolescenti: circa sessanta ragazze si sono iscritte a una scuola privata o a un centro d’insegnamento a distanza e 48 studenti sono stati espulsi per essersi rifiutati di rispettare la legge. “Questo primo bilancio”, sostiene Le Monde, “è abbastanza positivo. I sostenitori della legge possono constatare che la loro concezione autoritaria della laicità ha segnato una netta battuta d’arresto alla politica lassista che si applicava nelle scuole; i suoi critici potranno parlare di ‘orgasmo repubblicano’ fine a se stesso, secondo le parole del sociologo Jean Bauberot”. La legge è stata accettata meglio di quanto si immaginasse. Ma è importante che l’integrazione non sia solo uno slogan: “Rinunciare a un simbolo religioso che rappresenta un’identità richiede in cambio un’apertura, una considerazione e un rispetto da parte di tutti gli attori sociali che ancora non c’è”. Più critico il commento della giornalista francese Naima Bouteldja, che sul Guardian scrive: “La legge ha mascherato i problemi sociali della Francia, mettendone però a nudo il razzismo. Il dibattito sui simboli religiosi si è incentrato solo sul velo islamico, senza prendere in considerazione gli altri culti. Inoltre il dibattito ha raggiunto un’intensità troppo forte per essere spiegata solo con la storica tradizione secolare del paese. Il laicismo, infatti, si basa sulla separazione tra chiesa e stato e sulla libertà d’opinione: l’espressione della propria religione non è vietata a meno che non invada gli spazi della sfera pubblica”.