(di Davide Frattini. Fonte: il Corriere della Sera)
«Non sarebbe solo un’offesa, ma anche una provocazione». «Nessuno può sporcare la Città Santa». «È una ferita per tutte le religioni». Per una volta hanno parlato con una voce sola. I due rabbini capo d’Israele, Shlomo Amar e Yehuda Metzger, il nunzio vaticano Pietro Sambi, il patriarca latino Michel Sabbah, quello armeno Torkom Manoogian, quello greco-ortodosso Ireneos, gli sceicchi musulmani Abdel Aziz Bouchari e Abed Al-Salem Menasra: ebrei, cristiani e musulmani insieme per fermare il Gay Pride 2005, che in agosto vorrebbe portare a Gerusalemme omosessuali da tutto il mondo per un festival di undici giorni. I rappresentanti delle tre religioni monoteiste hanno evocato la minaccia di Dio («Ha già distrutto questa città e non vogliamo che succeda a noi. Ci punirà se lasciamo che questo accada», ha proclamato lo sceicco Bouchari) e quella dei fedeli che potrebbero lanciare pietre contro gay e lesbiche durante le sfilate per le strade. La battaglia contro il WorldPride 2005 è stata lanciata dal reverendo Leo Giovinetti, un evangelico di San Diego, veterano delle crociate anti-omosessuali in America. Durante le sue visite in Israele – ha raccontato il New York Times – ha costruito legami con rabbini e politici e sarebbe stato lui a convincere tutti i partecipanti all’appello collettivo. Ex leader di un gruppo musicale a Las Vegas, Giovinetti ha fatto circolare una petizione contro la «dissacrazione omosessuale di Gerusalemme», che sarebbe stata firmata tra gli altri dai parlamentari del partito ultraortodosso Shas. […] Quando il WorldPride venne allestito cinque anni fa per la prima volta a Roma, Giovanni Paolo II espresse la sua «amarezza» e definì la sfilata «un’offesa ai valori cristiani di una città così profondamente nei cuori dei cattolici di tutto il mondo». […]