Michele Serra sul film di Van Gogh in TV

La moderazione d’animo delle maggioranze politiche è, in sé, un pregio. Ma diventa viltà quando lascia il campo libero alle minoranza fanatiche. È una lezione, durissima, che arriva dagli stadi italiani, sequestrati dalle mafie ultras, impediti alle persone gentili per colpa di pochi mascalzoni. Ma forse ancora più significativa è la vicenda del film di Van Gogh, il regista olandese assassinato da fanatici islamici: televisioni e Festival cinematografici di mezza Europa hanno avuto paura di proiettarlo per timore di rappresaglie. Il risultato è che il film è stato presentato, in chiave pesantemente antimusulmana, da una piccola emittente di Pordenone, dando poi vita a un dibattito rozzo e intollerante, fatto di odio e insulti interreligiosi. In poche parole, il film è stato abbandonato a se stesso dalla cultura democratica ed è diventato arma della propaganda leghista e xenofoba. E il biasimo va tutto a chi non ha voluto o saputo farsi carico di un così eclatante problema di libertà, accettando che l’opera di Van Gogh, bella o brutta che sia, venisse prima oscurata dalle minacce dell’integralismo omicida e liberticida, e poi impugnata dai gongolanti fautori dello “scontro tra civiltà”. L’epoca è questa: ci vuole un coraggio speciale, in mezzo alla temperie del fanatismo religioso ed etnico, per essere ragionevoli e miti. Le urla degli esagitati coprono la pacatezza dei ragionevoli. Il silenzio non è un rimedio, è solo una fuga.
Fonte: la Repubblica.

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