Gli avversari più tenaci del referendum correttivo della legge sulla fecondazione assistita sono gli uomini di Chiesa. Per effetto mediatico le loro dichiarazioni cancellano ogni altra presa di posizione dei politici. È un segno che l’etica pubblica del nostro Paese rischia di essere consegnata in gestione alla gerarchia ecclesiastica. Nel merito si può dire che gli uomini di Chiesa interpretano il sentire di molti cittadini che si riconoscono nelle loro raccomandazioni. Ma il metodo è inaccettabile. Con la pressante raccomandazione dell’astensione infatti la gerarchia non si limita a mirare ad un obiettivo che ritiene congruente con la sua missione religiosa, ma si sostituisce impropriamente alla politica. Fa cattiva politica. […] Ma perché tanta paura a votare apertamente «no» al referendum? Viene il sospetto che dietro a questa incongruenza si nasconda un inconfessato senso di sfiducia nella forza dei propri argomenti. È come se i buoni cattolici non debbano approfondire troppo la complessa problematica connessa al referendum. E la debbano lasciare a persone che si considerano più competenti. Questo atteggiamento ignora completamente il fatto che la legge, così importante per l’etica pubblica, è stata votata a semplice maggioranza; è stata presentata come una competizione tra incompatibili «visioni della vita» – una giusta e l’altra sbagliata. La legge invece avrebbe dovuto essere il risultato di ragionevoli intese tra le parti politiche, interprete della legittima pluralità delle «visioni della vita». Si arriva così al paradosso che la Chiesa difende una legge sulla procreazione, detta «artificiale», che lei stessa in linea di principio non approva. Lo fa con argomenti che vanno ben oltre la problematica specifica della fecondazione stessa, senza offrire soluzioni ragionevoli per risolverla. In compenso fa affermazioni generali sulla natura dell’embrione, sui «diritti del concepito» che sollevano questioni di principio, complesse e improponibili – queste sì – in una legge. In questo momento nessuno è in grado di fare previsioni sull’esito del referendum. Se dovesse fallire per mancanza del quorum, mi auguro che gli uomini di Chiesa non cantino vittoria. La legge non va bene – né nel merito specifico della normativa sulla fecondazione né nei suoi assunti di principio. Darà luogo a penose conseguenze pratiche e farà incattivire il dibattito.
Gian Enrico Rusconi sulla Stampa