La ministra per le pari opportunità, Stefania Prestigiacomo, è diventata in queste ore l’icona dell’impegno referendario per l’abrogazione della legge 40. È lei una delle promotrici del comitato trasversale di donne impegnate per il sì ai quattro quesiti battezzato ufficialmente ieri a Roma. Ed è lei la protagonista assoluta delle indiscrezioni che le attribuiscono un flirt con Gianfranco Fini in seguito al quale avrebbe convinto il leader di An a esprimersi in favore delle modifiche alla legge. «Spazzatura», taglia corto la ministra. Degna del fatto che «questa campagna nasce con un clima pesantissimo» e «intimidatorio». Perché si sono accessi in questo modo i riflettori sulla campagna referendaria. Un’attenzione scatenata proprio dalle dichiarazioni di Fini, dalle voci di corridoio su Prestigiacomo, dal terremoto scatenatosi dentro la destra, dall’ira della Cei tenuta in sordina solo per non avvantaggiare il quorum e dalle intemperanze più eclatanti della destra squadrista contro i comitati referendari: ieri è stato boicottato il sito internet dei sostenitori del sì (comitatoreferendum.it), mentre l’altra sera Paolo Livrea, medico barese che presiede il comitato locale, ha subito un’aggressione violenta. Il panorama dei comitati referendari è di giorno in giorno più affollato. Ieri ne è stato varato uno di An per l’astensione attiva. Ma il debutto più importante è stato quello delle «donne per il sì». Fondatrici: Emma Bonino, Stefania Prestigiacomo, Margherita Boniver, Stefania Craxi, Giuliana Del Bufalo, Sonia Raule, Maria Silvia Venturini Fendi e Lella Golfo. Con loro, a discutere per quasi tre ore, esponenti della politica, del mondo accademico, della magistratura, dello spettacolo, delle imprese, dello sport. Obiettivo: «Portare al voto 25 milioni più una di persone, con il più uno che può essere il vicino di casa, il collega, l’amico». […]
Fonte: il Manifesto, edizione del 13 maggio