Sua Santità Benedetto XVI, nel primo incontro con la Conferenza episcopale italiana dell’altro ieri, è intervenuto sul referendum della procreazione assistita. È intervenuto, come si direbbe in gergo calcistico, a gamba tesa, quando l’arbitro fischia il fallo per gioco pericoloso. Qui da noi l’arbitro non esiste da tempo, anzi non è mai esistito da quando l’Italia si dette una Costituzione repubblicana e costituzionalizzò (all’articolo 7) i Patti lateranensi e il Concordato tra lo Stato e la Chiesa. […] È fin troppo ovvio che il prossimo obiettivo dell’episcopato italiano e delle forze politiche arruolate al suo fianco sarà la legge sull’aborto. Sulla base di essa infatti le donne possono decidere e ottenere l’aborto terapeutico non appena si accorgano che il feto che portano nel ventre è affetto da grave malattia o difetto genetico. Per quanto riguarda la procreazione assistita, di quell’eventuale difetto ci si potrebbe accorgere attraverso l’esame preventivo dell’embrione, che però è vietato dalla legge 40. Il referendum chiede che quello sciagurato articolo sia abolito. Ma se non lo sarà per mancanza di validità del referendum, si dovrà abolire anche l’aborto terapeutico per l’evidente contraddizione tra i due testi. Se il fratello embrione merita rispetto, non si capirebbe infatti perché il feto, suo fratello maggiore, possa esser trattato come immondizia. Partirà dunque la campagna contro l’aborto, siatene certi. Con virulenza pari o maggiore di quella attualmente in corso. E poi partirà anche quella contro il divorzio. Adesso smentiscono queste intenzioni. Per ovvie ragioni. Concentrano la pressione su fratello embrione. […]
Eugenio Scalfari su Repubblica