Da un’ora difende la sua scelta sui referendum, quella dei «tre sì e un no» che ha spiazzato il suo partito, riempito di meraviglia le gerarchie ecclesiali, sovvertito schemi ed equilibri politici. Da un’ora Gianfranco Fini spiega che «non c’è contraddizione tra il sostegno espresso in Parlamento alla legge 40 e la volontà di modificarla», che «una legge andava approvata per porre fine al far west», che «è falsa la tesi secondo cui se vincessero i sì torneremmo all’assenza di regole o peggio apriremmo la via all’eugenetica. In realtà le regole permangono, evitano pratiche come l’utero in affitto, o che ci siano altre nonne-mamme». […]
D. Considera una truffa l’astensione, e truffaldino chi la sponsorizza?
R. «Non ho dubbi sulla legittimità dell’astensione, opzione cui tanti hanno fatto ricorso in passato per altri referendum. Tuttavia sull’eterologa voterò no perché voglio che la mia motivata decisione non si confonda con l’ignavia di chi non ha opinione, o di chi non vota perché rinuncia a esercitare la cittadinanza attiva. Politicamente l’astensione è segno di debolezza, è finalizzata solo al mancato raggiungimento del quorum. Sarà pur legittima ma a mio avviso è diseducativa, favorisce la deresponsabilizzazione del cittadino, allarga il fossato tra il Palazzo e il Paese. Un conto è la Chiesa, che ha come obiettivo evitare la modifica della legge. Un altro sono i politici: e io mi chiedo come esponenti politici che dovrebbero avere a cuore la partecipazione motivata degli elettori, invitino all’astensione. Naturalmente ne comprendo le ragioni, visto che in qualche modo danno ascolto alla preghiera della Cei». […]
L’intervista di Francesco Verderami a Gianfranco Fini sul Corriere della Sera