Prima di scrivere queste righe -le più difficili della mia vita – ho parlato con mia sorella, Camilla. Volevo essere sicura che raccontarvi la sua storia e quella dell’amatissima figlia, Delfina, non la facesse soffrire ancora di più. «Scrivi», non ha avuto dubbi Camilla, ferita dall’indifferenza di troppi – politici e non- alle ragioni dei malati, molti ancora bambini, e delle loro famiglie in queste ore di vigilia del referendum. Sulla fecondazione artificiale rispetto ogni dubbio morale, etico. Non rispetto però quelli che ne fanno una questione di schieramento politico; quelli che usano toni da crociata; e quelli che si vantano di essere political-correct per aver adottato dei figli, sani, naturalmente. Certo, è giusto difendere il diritto alla vita ma non dimenticando che si deve anche tutelare il diritto alla speranza, anche la più tenue, dei malati. Non solo. I portatori di malattie genetiche incurabili devono poter decidere, in coscienza, cosa fare. Come può lo Stato imporre per legge simili calvari? «Non si rendono conto, può capitare a tutti», dice mia sorella. […]
Il toccante articolo di Chiara Beria d’Argentine sulla Stampa