Simona è una donna che ha detto no. Ha rifiutato l’impianto del suo embrione. Ha violato la legge 40. Anzi, ha deciso di sfidare la legge sulla fecondazione assistita che impone alla donna il trasferimento nell’utero di ogni embrione prodotto, sano o malato che sia. E Simona, 35 anni, casalinga, e Pietro, suo marito, infermiere, sono portatori sani di talassemia, quindi gravemente a rischio di trasmettere la malattia al loro bambino. Così Simona ha detto no. È la prima volta in Italia. È il primo caso di violazione palese e dichiarata della nuova legge. «O fate la diagnosi pre-impianto, o rifiuto il trasferimento dentro di me dell’embrione, non potrei sostenere, ad un anno di distanza, un nuovo aborto dopo aver scoperto che il figlio che porto dentro di me è malato. Ho visto troppi bambini morire di talassemia dopo sofferenze tremende. Non voglio creare una vita così. Ma l’unica scelta per me di fronte a questa legge assurda è affrontare una interruzione volontaria di gravidanza alla decima o all’undicesima settimana. No, basta. Non posso più abortire. Non ce la faccio. E nessuno, credo, può con la forza costringermi ad impiantare l’embrione».
L’articolo di Maria Novella De Luca per Repubblica sul sito del Comitato per il Sì