Quel dato così basso non è stato una sorpresa, ma nel comitato per il sì la rabbia monta lo stesso. I risultati finali trasmessi dai consolati hanno portato al 20,2 per cento l’affluenza degli italiani all’estero, contro il 15 per cento previsto due giorni fa. Cambia poco: per raggiungere il quorum devono andare a votare 23,4 milioni di persone, un filo sotto il 52 per cento. Il comitato per il sì legge in questi numeri la conferma dei suoi timori: sarebbero state contate diverse persone che in realtà non hanno potuto votare. Per questo Daniele Capezzone (Radicali) chiede l’intervento dell’Osce, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa che vigila sulle elezioni in diversi Paesi. Ribatte Mirko Tremaglia, ministro per gli italiani all’estero e padre della legge sul voto: «Tutto si è svolto nella massima correttezza. Certo, per le politiche bisognerà fare di più: puntiamo ad un’affluenza del 70 per cento». Secondo Capezzone sono «almeno 700 mila» gli italiani all’estero che non hanno votato perché non hanno ricevuto le schede o poco informati. In America del Nord l’affluenza è stata del 13 per cento, in Europa il 15, in Sud America il 27, tra Africa, Asia e Oceania il 18 per cento. «Questo reverendum – dice Capezzone – ha il livello di legalità delle elezioni in Ucraina. Chi ha votato è un eroe, perché ha fatto attività militante per esercitare un diritto». Più cauto Lanfranco Turci (Ds): «Ora pensiamo al quorum. Certo, se lo dovessimo mancare per poco valuteremo l’ipotesi di un ricorso, forse al Tar».
L’articolo di Lorenzo Salvia è sul sito del Corriere della Sera