«Questo processo è iniziato con la mia incredulità per le denunce ascoltate ed è continuato con lo choc per le deposizioni in udienza». Ha esordito così Carolina Elia, il pm della procura di Lecce che ieri, dopo un processo durato 14 mesi, ha chiesto la condanna per don Cesare Lodeserto, ex direttore del Cpt Regina Pacis, accusato di lesioni personali, violenza privata, abuso dei mezzi di correzione e falso ideologico. Due anni e otto mesi (se per i reati contestati non sarà riscontrata la continuazione): questa la richiesta del pm. E se, il 22 luglio, il giudice Anna De Benedictis dovesse accoglierla, per il sacerdote si tratterebbe della seconda condanna in poche settimane. La prima risale al 24 maggio di quest’anno: otto mesi (pena sospesa) per simulazione di reato, poiché don Cesare s’era inviato degli sms minatori con lo scopo di ottenere una scorta. Ma la requisitoria di ieri riguardava ben altre accuse […] Per il primo reato, quello di violenza e lesioni, la pm chiede la condanna a un anno anche per Giuseppe Lodeserto (suo nipote, ndr), Natasha Vieru e Paulin Dokaj e otto mesi, invece, per i sei collaboratori del sacerdote e otto carabinieri. Per due di loro, Francesco D’Ambrosio e Vito Ottomano, ha chiesto una pena più alta: un anno e otto mesi e la riqualificazione del reato poiché le violenze, seconda la Elia, sarebbero aggravate da «motivi di odio razziale». Per quanto riguarda invece il falso ideologico, e cioè la falsificazione dei referti, l’accusa ha chiesto la condanna a un anno e sei mesi sia per Giuseppe Lodeserto, sia per un medico del centro, Anna Catia Cazzato.
Fonte: il Manifesto