[…] Molto più serio l’argomento di Romano Prodi sulla opportunità di inserire nella Costituzione europea le «radici cristiane», oltre l’articolo 51 che già ingiunge ai governi di dialogare con le chiese su questioni di comune interesse – e quali siano è facile immaginare. No, caro presidente, il suo ragionamento non mi persuade. Prima di tutto in punto di verità, perché se di radici europee si ha da parlare mi par difficile escludere quella grecità, di cui Paolo intride la sua decisiva predicazione cristiana, quel diritto romano su cui sono poggiati secoli di costruzione legislativa, e quell’illuminismo dal quale discende il pensiero politico moderno delle democrazie. Ma, più oltre, che senso ha il richiamo alle radici di una Costituzione rivolta manifestamente al futuro? Significa che suggerisce all’Europa di innaffiare le radici cristiane, e farle crescere, mentre non deve farlo con le altre? Ecco che la laicità scompare di nuovo. Una preoccupazione identitaria è, a mio avviso, sempre densa di pericoli. Ma se l’Europa, che rappresenta un avvenimento epocale, ne ha bisogno, dovrebbe definirla con prudenza nella totalità della sua storia e del suo presente in cerca di quella innovazione che sarebbe il bisogno di pace, di maggior uguaglianza sociale e di rispetto per l’altro, dei quali non si vedono neanche i virgulti.
L’articolo di Rossana Rossanda si trova sul sito del Manifesto