Sette città in prima fila: Milano, Torino, Vicenza, Venezia, Udine, Vercelli e Desio. A seguire un altro gruppo: Roma, Napoli, Bari e Taranto. In questi centri è ben radicata l’attività di cellule riconducibili ad almeno cinque gruppi: il Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento, il più numeroso; il Gruppo combattente marocchino che ha realizzato gli attentati di Madrid; il Gruppo combattente tunisino; i Fratelli musulmani e, infine, Takfir Wal Hijra. Sono stati individuati almeno 339 persone che gravitano intorno e all’interno di questi gruppi “con ruoli differenti”. […] Preoccupano di più i centri culturali islamici, a volte semplici scantinati o appartamenti semi abbandonati. Non è ancora pronto un monitoraggio reale delle attività commerciali, soprattutto call center e macellerie, spuntate come funghi e ovunque in questi anni e che potrebbero essere canali di finanziamento della jihad. “Negli ultimi cinque anni – spiega un esperto – è stata raffinata la propensione al proselitismo e al supporto logistico. Attività di osservazione più recenti ci dicono che da qualche mese, in alcuni ambienti islamici, si parla con cognizione tecnica di esplosivi e del loro possibile utilizzo”. Anche in Italia, inoltre, “sono stati osservati tentativi di reclutamento sui più giovani affascinati da predicatori e da pubblicazioni on line che vengono stampate e distribuite che inneggiano alla jihad e al martirio”. […]
L’articolo di Claudia Fusani è disponibile sul sito di Repubblica