«O canti per i martiri dell’Islam. O non canti affatto!». Tutto si attendeva Amar Hassan tornando per la prima volta come artista ormai affermato nel campus dell’Università Al Najaq di Nablus […]Ma Amar non aveva previsto di poter essere aggredito da un manipolo di estremisti palestinesi armati di Kalashnikov, che in nome di Allah hanno tentato di impedirgli di cantare. La storia sta facendo rumore tra gli oltre due milioni di palestinesi residenti in Cisgiordania. Lui la racconta ora comodamente seduto nella lobby di uno dei nuovi hotel di Ramallah: «Il 6 luglio scorso ero stato invitato per una concerto dal corpo accademico dell’università dove mi sono laureato in discipline artistiche quattro anni fa. Gli studenti, saranno stati più di 5.000, volevano sentire le mie canzoni d’amore. Ma quegli estremisti, dicevano di appartenere ai gruppi del Kataeb Al Hawda, non posso che definirli fanatici talebani, imponevano che cantassi solo motivi nazionalisti della guerra contro Israele e musiche religiose. Mi sono rifiutato e loro hanno sparato in aria, mi hanno spintonato, aggredito con violenza. La polizia palestinese non sapeva che fare. Poi però la folla ha avuto la meglio, quegli intolleranti sono stati allontanati. Hanno sparato ancora qualche raffica da lontano. Per fortuna senza conseguenze. Alla fine ho cantato, ma più brevemente e molto teso». […] A Ramallah Amar Hassan non avrà problemi. Qui si sente a casa. Nato 28 anni fa da una famiglia di palestinesi in Kuwait, tornò in patria nel 1991 dopo la prima Guerra del Golfo. Soprattutto si trova a suo agio nel vento laico che soffia nella città: le sue canzoni sono diffuse quotidianamente dalle nuove radio palestinesi. Il suo volto è apparso sui quotidiani locali con grandi titoli di condanna per la censura imposta da Hamas. Al-Ayam , giornale vicino al governo di Abu Mazen, ha pubblicato anche un’intervista con Mahmud Darwish, il più noto poeta palestinese contemporaneo, che ha difeso «la libertà degli artisti, contro il pericolo dell’intolleranza religiosa».
L’articolo di Lorenzo Cremonesi è stato pubblicato sul sito del Corriere della Sera