Come ho già avuto modo di sottolineare nei miei articoli precedenti è sempre più chiaro che a investire le maggiori energie nell’opposizione allo sgombero degli insediamenti della striscia di Gaza siano i religiosi nazionalisti (non gli ultraortodossi, e naturalmente nemmeno i riformisti o gli appartenenti ad altri movimenti religiosi liberali). Costoro possiedono la forza e il tempo da sprecare in manifestazioni. Non solo hanno a disposizione schiere di coloni dalla Giudea e dalla Samaria che vedono nella lotta per Gush Katif una battaglia personale, ma alla base del loro impegno politico sta una forte motivazione religiosa, un fenomeno sempre più diffuso oggi nel mondo. L’incanalarsi di sentimenti religiosi verso questioni politiche, la capacità di sacrificio, la rinuncia alle comodità, l’accontentarsi di poco, l’arruolamento massiccio di ragazzi e bambini nella lotta, tutti questi elementi caratterizzano oggi i fanatici religiosi di tutto il mondo e concedono loro grandi vantaggi rispetto ai sostenitori della pace e del liberalismo, occupati nelle loro faccende, nel condurre una vita di agi, nelle loro carriere personali. Nelle manifestazioni, inoltre, vedremo molti più attivisti religiosi che laici di destra le cui abitudini e le cui priorità non sono dissimili da quelle dei sostenitori della sinistra. La cosa incredibile però è che il fanatismo religioso sia esploso per un fazzoletto di terra situato nel cuore dei campi profughi palestinesi e che gli integralisti abbiano attribuito un profondo significato religioso all’insediamento in una striscia di terra mai ufficialmente accorpata allo Stato di Israele, non sotto la sua diretta sovranità ma sotto il suo controllo militare e in cui, di conseguenza, in base alla legge internazionale, è proibito insediarsi. Ai miei occhi è anche sbalorditivo che chi istiga all’opposizione al ritiro e conduce la lotta siano i rabbini, i quali considerano il disimpegno da Gaza come un tremendo peccato religioso. E a cosa è dovuto il mio sbalordimento? Al fatto che fino a cento anni fa i religiosi di varia natura erano i più feroci oppositori al sionismo. […] Di conseguenza i territori che oggi i religiosi santificano con urla e strepiti non sono che un pretesto per arrestare il nazionalismo laico dello Stato di Israele. Al pari degli integralisti musulmani i credenti ebrei vogliono opporsi al liberalismo razionale del mondo e di un Israele democratico basato su un governo regolato dalle decisioni della maggioranza. Così come ai loro occhi gli arabi non possiedono alcun diritto umano fondamentale né quello di cittadinanza, essi disprezzano i diritti civili della maggioranza laica ebraica che ha deciso lo sgombero della zona occupata della striscia di Gaza e la sua restituzione ai palestinesi. La battaglia vera e propria è cominciata. Noi siamo certi della vittoria dello Stato di diritto e della volontà della maggioranza approvata dalla Knesset. E malgrado gli oppositori a questa legittima iniziativa del governo israeliano metteranno in scena, sia per i media israeliani che per quelli stranieri, strazianti «scene teatrali» dello sgombero di case e di insediamenti, noi speriamo che non vi sia alcun spargimento di sangue. […]
L’interessantissimo editoriale dello scrittore israeliano Avraham B. Yehoshua è stato pubblicato sul sito della Stampa