[…] Ora non c’è dubbio sul fatto che il dialogo ecumenico e interreligioso costituisca un asse centrale del nuovo pontificato. E così era già stato per quello di papa Wojtyla. Ma è altrettanto evidente che papa Ratzinger intende svolgere questo dialogo all’interno di una visione rigida e tradizionale della dottrina cattolica così come si è andata evolvendo negli ultimi anni e basta ricordare l’insistenza recente di Benedetto XVI sulla necessaria esposizione del Crocifisso in tutti i luoghi pubblici e la concessione dell’indulgenza plenaria ai giovani che sarebbero andati a Colonia per cogliere con chiarezza una visione che in definitiva attribuisce alla Chiesa la concessione di un bene che è Dio a dispensare. […] C’è una contraddizione assai evidente nel discorso che papa Ratzinger sta portando avanti dal giorno della sua fulminea elezione giacché, da una parte, il suo costante invito agli uomini di buona volontà di non lasciarsi prendere dal fanatismo religioso, di non dividersi per questioni di fede e di non ripetere gli errori del passato che posero i cristiani contro i mussulmani è giusto e in tutto accettabile, ma, d’altra parte, *il suo giudizio costante e negativo sull’Europa secolarizzata e relativista rende di fatto assai difficile dialogare con una Chiesa che tende a chiudersi nella proclamazione orgogliosa di una dottrina che non può venir messa mai in discussione.
Del resto se Giovanni Paolo II aveva chiesto perdono agli ebrei per le colpe dei cristiani (ma non della Chiesa) di fronte alla Shoà, papa Ratzinger ha fatto un ulteriore passo indietro parlando, invece che del plurisecolare pregiudizio antigiudaico della Chiesa, di un «neo paganesimo razzista» che sembrerebbe non aver nessun rapporto con la visione precedente del cattolicesimo europeo. Eppure i documenti dei primi decenni del Novecento, come dei precedenti decenni dell’Ottocento per non andare più indietro, mostrano segni allarmanti sulla forza di quel pregiudizio antigiudaico assai presente nel mondo cattolico e nella Chiesa stessa. Insomma, al di là del grande evento mediatico di Colonia, non sembra possibile estrarre dal discorso di Benedetto XVI la condanna, condivisibile, del fanatismo religioso e politico, dimenticando nello stesso tempo le forti contraddizioni del suo messaggio legate all’intransigenza dottrinale, a una visione rigida e tradizionalista dei rapporti tra la Chiesa cattolica e il mondo di oggi,a cominciare dall’Europa moderna e secolarizzata.
L’editoriale di Nicola Tranfaglia è stato pubblicato sul sito dell’Unità