La Croazia accoglierà la recente proposta di Papa Benedetto XVI, collocando il crocifisso in tutti gli uffici pubblici e delle istituzioni statali? Malgrado il crocefisso, simbolo cristiano, sia già presente in Croazia in molte stanze degli ospedali, in aule scolastiche, negli asili o negli uffici di alcuni uomini politici, la collocazione obbligatoria rappresenterebbe qualcosa di diverso. In un Paese nel quale la Chiesa ha un’enorme influenza sula vita politica, il governo ha reagito in maniera molto cauta alla proposta papale. Un portavoce ufficiale ha semplicemente detto che questa idea sarebbe stata considearata attentamente, prendendo in questo modo tempo per sondare l’opinione pubblica. Diversamente dalla posizione cauta assunta dal governo del Premier Ivo Sanader, l’opinione pubblica da subito non ha accolto con eccessivo entusiasmo l’idea. […] La Chiesa cattolica [locale] è spesso considerata da una parte dell’opinione pubblica croata come latrice di posizioni intolleranti ed esclusive. Permane ad esempio il ricordo della forte opposizione esercitata dalla Chiesa nei confronti dell’introduzione dello yoga nelle scuole. La Chiesa temeva infatti che lo yoga avrebbe potuto suscitare l’interesse degli studenti nei confronti delle religioni orientali. Allo stesso modo, ci fu una grande discussione e furono presentati pareri molto diversi rispetto all’obbligo di introdurre il catechismo nella scuola dell’obbligo e negli asili. La Chiesa era tuttavia riuscita a perseguire con successo queste proposte. Allo stesso modo, due anni fa, la Chiesa aveva esercitato una forte pressione per ottenere la chiusura domenicale dei negozi. Il governo dell’allora Premier, il socialista Ivica Racan, aveva ceduto alle pressioni facendo approvare dal Parlamento una legge che limitava rigorosamente il lavoro domenicale dei grandi centri commerciali. La Corte Costituzionale aveva poi annullato quella legge, ma la Chiesa ha continuato ad insistere per ottenere quel divieto. […]
L’intervento di Drago Hedl è stato pubblicato sul sito “Osservatorio sui Balcani”