Insegnante di religione licenziata

La professoressa Caterina Bonci, 38 anni, da 14 insegnante di religione alle elementari, è stata licenziata in quanto divorziata. Lo sostiene l’avvocato Giorgio Paolucci di Pesaro, che ha assistito la diocesi di Fano nella causa proposta da Bonci davanti al Tar e al Consiglio di Stato. Secondo l’avvocato la versione fornita dalla donna alla alla stampa locale è «del tutto errata e fuorviante». «Ella conosce da sempre la motivazione della mancata idoneità al concorso per l’insegnamento della religione cattolica», ha dichiarato il legale. «Ovvero, il suo consenso al divorzio e la contestuale dichiarazione che erano sopraggiunti nuovi legami sentimentali, così come recita la stessa sentenza del tribunale di Pesaro dell’anno 2001. Una situazione che è in contrasto con i requisiti richiesti dal diritto canonico che prescrive comportamenti pubblici e notori non in contrasto con la morale cattolica. Per correttezza e serietà, la diocesi di Fano non poteva concedere la prescritta idoneità al concorso per la immissione in ruolo dei docenti». […] Il responsabile diocesano della scuola, don Alcide Baldelli, ha detto: «Ha fatto il concorso e non aveva la possibilità di sostenerlo. Se poi si aggiungono le proteste che ricevevo dalle sue colleghe e dal personale perché la vedevano arrivare a scuola in minigonna, allora si comprende perché questo insegnamento non doveva essere permesso da almeno dieci anni. Abbiamo pazientato anche troppo».
Fonte: Corriere.it
La dichiarazione di don Baldelli è impressionante. Già è incredibile che lo Stato affidi alle diocesi l’incarico di selezionare i candidati per un posto pubblico. Ma è addirittura insensato che chi ha l’incarico di selezionare ammette pubblicamente di sorvolare sui requisiti per l’assunzione. Lo stato di diritto in Italia versa oramai in condizioni pietose. E la laicità versa in condizioni ancora peggiori.

Sulla vicenda dell’insegnante di Fano Caterina Bonci interviene l’assessore alle pari opportunità della Provincia Simonetta Romagna. «In un primo momento avevo trovato il caso di Caterina Bonci, l’insegnante di religione alla quale la Curia di Fano non ha concesso il nulla osta per partecipare a un concorso pubblico perché divorziata, la conseguenza, a mio parere antidemocratica e autoritaria, della facoltà insindacabile concessa alla Curia dal Concordato tra Stato e Chiesa di scegliere gli insegnanti di religione. «Leggendo poi che la situazione era nota da una decina di anni, mi chiedo come sia possibile argomentare con il pretesto del divorzio un atto così discriminatorio nei confronti di una insegnante alla quale non mi sembra venga imputata scarsa professionalità, quanto biasimato un abbigliamento non gradito. Se infatti il preside della scuola ritiene “seria e competente” l’insegnante, non si capisce perché non venga riconosciuta la titolarità del suo giudizio, soprattutto nel momento in cui l’insegnante sta per cambiare ruolo. «Il fatto poi che in questi casi le decisioni sono sottratte alle regole democratiche alle quali devono sottostare tutti gli altri insegnanti della scuola pubblica italiana conferma l’antistoricità e l’obsolescenza di un accordo tra Stato e Chiesa che dovrebbe ormai essere superato».
Fonte: www.bymarche.it
La vicenda ha scatenato interessanti dibattiti sulle nostre mailing list [uaar] (riservata ai soci) e [ateismo] (accessibile a tutti). Da una parte i sostenitori della tesi che l’insegnante, accettando l’incarico della curia, ha accettato anche le regole-capestro contenute nel contratto: dall’altra chi ritiene inammissibile che si possa licenziare una donna per comportamenti garantiti dallo Stato italiano.

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