Il Comune di Milano decide di chiudere la scuola araba di via Quaranta. La decisione arriva con una lettera spedita dagli uffici del settore Educazione per mettere nero su bianco che lì, in quella ex fabbrica alla periferia della città, dove da sei anni studiano 500 bambini per la maggior parte figli di famiglie egiziane, non può esistere alcuna scuola islamica. La decisione arriva per motivi igienico-sanitari, certificata con una denuncia spedita per conoscenza anche alla Asl e ai vigili urbani. Una denuncia che, dopo il veto imposto lo scorso anno dal ministro dell’Istruzione Letizia Moratti alla “classe con il chador” in un istituto milanese, fa esplodere ancora una volta le polemiche su un tema delicatissimo. Lo scontro politico vede protagonista la maggioranza di centrodestra guidata da Gabriele Albertini e l’opposizione di centrosinistra, ma fa registrare anche opinioni diverse nello stesso centrosinistra, con diversi rappresentanti dell’Unione in consiglio comunale che si oppongono alla chiusura della scuola islamica e chiedono l’intervento del prefetto Bruno Ferrante, e la Provincia guidata dal diessino Filippo Penati, che sostiene “l’esigenza di arrivare all’integrazione sì, ma attraverso le scuole statali, e non quelle paritarie che in realtà favoriscono la separazione”. Un intervento, quello del presidente della Provincia, che arriva in serata per frenare le prese di posizione di due suoi assessori, Giansandro Barzaghi, di Rifondazione comunista e Francesca Corso, dei Comunisti italiani, che avevano difeso la parificazione dell’istituto di via Quaranta, arrivando anche a ipotizzare la disponibilità a offrire una nuova sede ai 500 ragazzi islamici, quando saranno costretti a abbandonare l’attuale: “La scuola statale – aveva detto Barzaghi – resta la strada maestra verso l’integrazione, ma quello della scuola paritaria è un primo passo verso il processo di integrazione”. […]
L’articolo di Luigi Pastore è stato pubblicato sul sito di Repubblica