Il numero odierno di Repubblica riporta un lungo, ma decisamente interessante intervento dello storico Massimo L. Salvadori a un articolo di Giuliano Amato pubblicato, sempre su Repubblica, il 31 agosto scorso. Ne riportiamo la conclusione.
[…] L´Europa moderna è stata attraversata da due grandi mali: le guerre tra gli Stati da un lato e le guerre civili e religiose dall´altro. Orbene, dalla Riforma fino alla Seconda guerra mondiale il cristianesimo vissuto nella prassi delle sue chiese ha costituito una delle massime cause di devastanti conflitti civili e religiosi, alimentati dalle discriminazioni, dalle pretese di primato, dalla volontà di imposizioni delle verità assolute della religione sulla società e sullo Stato. In questo quadro hanno avuto la loro genesi e il loro sviluppo l´idea laica di libertà e un´idea di cittadinanza che, per essere attributo comune, non può che poggiare su principi puramente civili, vale a dire sul pieno riconoscimento dell´influenza delle chiese in una sfera pubblica che però – affinché le libertà di ciascun soggetto individuale e collettivo vengano salvaguardate – non deve invadere la sfera dello Stato. È dunque in questa classica idea di laicità e di pace civile che vanno individuate le radici più idonee di un´Europa liberale e democratica. Se il protestantesimo e assai più tardivamente il cattolicesimo europei hanno storicamente fatto propri, secondo le parole di Amato, i principi del “riconoscimento dell´altro quand´anche appartenente a una fede diversa”, questo è avvenuto grazie alla forza espansiva del laicismo liberale e democratico che ha finito per permeare anche le chiese cristiane. Devo perciò dire di non capire la sua conclusione che “la vecchia premessa del laicismo non regge più”: conclusione che poggia, a mio avviso, sulla non fondata convinzione che il cosiddetto vecchio laicismo negasse tout court alle religioni e alle chiese il diritto di esercitare la propria influenza nella sfera pubblica. Quella negazione (come ebbe a spiegare splendidamente Salvemini) fu invece propria non dell´idea classicamente liberale del laicismo, ma di un “laicismo” tale solo nel nome, che contraddiceva se stesso in quanto degenerato in anticlericalismo, in ideologia illiberale, in un nuovo assolutismo che non a caso concepiva la cittadinanza in termini che, caricati di militanza antireligiosa, si voleva andassero oltre un fondamento puramente civile. Alla fine del suo discorso Amato richiama a far barriera contro i nuovi fanatismi l´alleanza patrocinata da Ratzinger tra fede e ragione. Ma quale è il suo significato, come si pensa che questa possa articolarsi e farsi istituzione nell´Europa odierna? Insomma, che cosa si intende concretamente? Personalmente sono sotto l´impressione delle pesanti parole – pronunciate il 18 aprile di quest´anno dall´attuale papa (citate da Giorello nel suo recente saggio sulla “libertà del laico”) il giorno prima della sua elezione – contro “la dittatura del relativismo”, dove, nell´enumerare le onde che sono andate ad infrangersi contro la barca della “fede chiara” dei cristiani, si indica accanto al marxismo, al libertinismo, al collettivismo, all´individualismo radicale, all´ateismo, al vago misticismo religioso, all´agnosticismo e al sincretismo anche il liberalismo. Vedere collocato il liberalismo in un nuovo elenco degli errori moderni fa davvero specie e induce a pensare che sui modi d´intendere l´alleanza tra fede e ragione si debba indagare a fondo da parte di chi ritiene che essa possa costituire il presupposto della difesa dal fanatismo e quindi della libertà civile quale valore universale.