Ci risiamo: vescovi, «Osservatore Romano» e cattolici d’occasione inveiscono: «Giù le mani da famiglia e matrimonio», accusano Romano Prodi di voler «lacerare» la famiglia per conquistare voti. È mezzo secolo circa che questi slogan risuonano, che queste accuse tempestano: per citare le due occasioni maggiori, la legalizzazione del divorzio e dell’aborto suscitò i vaticini più neri, ma in passato si parlò di attacco alla famiglia persino in occasione della creazione di scuole materne statali. Non è mai successo niente, alla famiglia. Anzi, pure oggi è a suo modo l’unica istituzione italiana che funzioni. […] Eppure: madri che uccidono i propri bambini piccoli, figli che ammazzano i genitori, mogli o mariti che eliminano mariti o mogli, nipoti che fanno a pezzi gli zii, fidanzati o amanti che assassinano i partner, nipoti che trucidano la nonna per toglierle i soldi. Non parliamo poi dei reati senza cadaveri, ma i delitti nell’ambito familiare si moltiplicano: negli ultimi dieci anni sono aumentati di 30 volte, secondo i dati dell’Eurispes. Non si capisce perché coloro che ostentano di tenere tanto alla famiglia si preoccupino poco di questi massacri, non facciano qualcosa per limitarli o evitarli, anziché inalberarsi se certe caratteristiche o privilegi amministrativi riservati alle famiglie codificate vengono estesi pure alle famiglie informali con i Pacs: considerando in pericolo la famiglia codificata soltanto se altri acquisiscono i suoi vantaggi e diritti. Una posizione, diciamo, molto meschina.
L’editoriale di Lietta Tornabuoni è stato pubblicato sul sito della Stampa