«I diritti fondamentali non vengono creati dal legislatore, ma sono iscritti nella natura stessa della persona umana, e sono pertanto rinviabili ultimamente al creatore». A scriverlo è Benedetto XVI in una lettera letta dal presidente del Senato, Marcello Pera, ad un convegno di cui è egli stesso l’organizzatore. Un’affermazione, quella del Pontefice, che potrebbe anche essere condivisibile in termini filosofici, se Joseph Ratzinger non la facesse seguire da un invito piuttosto perentorio a ricondurre, al contrario, gli ordinamenti statuali ad un principio diffuso di religiosità e di confusione tra diritti ed etica trascendente. «Se, quindi, appare legittima e proficua una sana laicità dello Stato, in virtù della quale le realtà temporali si reggono secondo norme loro proprie, alle quali appartengono anche quelle istanze etiche che trovano il loro fondamento nell’essenza stessa dell’uomo, tra queste istanze primaria rilevanza ha sicuramente quel “senso religioso” in cui si esprime l’apertura dell’essere umano alla trascendenza» scrive l’uomo che, prima di diventare Papa, era alla guida dell’organismo incaricato di vegliare sull’ortodossia della dottrina cattolica.
«Si tratta – prosegue Ratzinger – in realtà, di una “laicità positiva” che garantisca ad ogni cittadino il diritto di vivere la propria fede religiosa con autentica libertà anche in ambito pubblico». Cosa significhi quel “diritto di vivere la propri fede con autentica libertà” il Papa non lo spiega.
Forse non l’interpretazione autentica, ma la chiave di lettura della lettera di Ratzinger l’ha fornita lo stesso Marcello Pera aprendo il convegno. Il sodalizio tra Pera e Ratzinger parte da lontano: i due hanno scritto un libro a quattro mani sui mali del secolarismo. Ebbene Pera ha attaccato quella che è una sua ossessione, gli «steccati pseudo-illuministici dei laicisti», ricordando che essi sono stati eretti su vari temi della politica nazionale e internazionale: Europa, bioetica, limite della scienza, famiglia, diritto delle scuole cattoliche private, diritto della Chiesa ad esprimersi, diritto della Cei a intervenire su temi eticamente delicati, modo di intendere lo Stato laico.«Su tutti questi temi – ha detto Marcello Pera – non solo quelli di noi che sono credenti, ma anche quelli che non lo sono, siamo in disaccordo con i laicisti». E Pera ha citato il referendum sulla fecondazione assistita come una esempio di che cosa lui intenda per libertà e laicità dello Stato.
Ben diversa la lettura che ne fa il radicale Daniele Capezzone, il quale intravede nel essaggio di Ratzinger una «prospettiva neotemporalista, in cui la laicità può essere tollerata se “sana”, cioé se conforme al nulla osta Vaticano».«L’unica cosa che non possiamo permetterci – aggiunge Capezzone – è avere insieme botte piena e moglie ubriaca, e cioè la conservazione dei privilegi e nello stesso tempo la pretesa di intervenire a gamba tesa nel dibattito politico».
Fonte: l’Unità online