La questione religiosa è ormai questione tutta politica. Ma un doppio tabù impedisce d’affrontarla, di venirne a capo. Da un lato, il tabù del Concordato. Boselli e i radicali hanno appena denunziato i troppi privilegi che ne derivano alla Chiesa; e un minuto dopo Prodi ha risposto che il Concordato non si tocca. Dall’altro lato, il tabù dell’Islam. […] Eppure non è certo uno scandalo interrogarsi sulla vitalità dell’Accordo di Villa Madama, che è vecchio di vent’anni, e li dimostra tutti. Non quando un virus riformatore sta per travolgere mezza Costituzione, mentre il Concordato è fuori dal testo licenziato dai costituenti. Non quando l’8 per mille elargisce ogni anno un miliardo e mezzo di euro al Vaticano, e quest’ultimo lo spende per campagne politiche sui più svariati temi. Non quando il Concordato ospita norme di dubbia costituzionalità, come quella che consente alle gerarchie ecclesiastiche di licenziare gli insegnanti di religione nella nostra scuola pubblica. Semmai c’è bisogno d’aprire all’insegnamento delle altre religioni. C’è bisogno d’estendere a tutti i culti – e in primo luogo a quello musulmano – le 8 intese fin qui siglate dallo Stato. C’è bisogno, in breve, di un’iniziativa a tutto campo, dato che in questa legislatura non è stata stipulata alcuna nuova intesa, e dato inoltre che le intese del 2000 con i buddisti e con i testimoni di Geova non si sono mai tradotte in legge. Infine c’è bisogno d’una legge quadro sulla libertà religiosa: quella che ha come primo firmatario Berlusconi permetterebbe all’imam di celebrare matrimoni civili, e a tutte le religioni d’ottenere beni demaniali. Si tratta, per l’appunto, d’infrangere un tabù, lo stesso che protegge il Concordato. Per trasformare in diritti i privilegi.
L’editoriale di Michele Ainis è stato pubblicato sul sito della Stampa