Monsignore USA, agli arresti domiciliari, si oppone all’estradizione

Alla fine potrebbe farcela, monsignor Joseph John Henn, a fuggire dalla giustizia Usa e dal fantasma di un’accusa infamante che lo insegue da 25 anni. È la violenza di un giovane sacerdote su tre bambinetti, consumata nelle docce di una piscina, nel retro di un chiosco di hamburger, nel cortile di una scuola. Avvenne a Phoenix, Arizona, contea di Maricopa; e adesso tutto potrebbe finire nel nulla a piazzale Clodio, Roma, sede della cittadella giudiziaria più grande d’Italia. Complice il tempo trascorso, le lungaggini della burocrazia, l’indolenza di un detective. E l’abilità di un avvocato romano. Ma andiamo con ordine. Per Joseph John Henn le lancette del tempo tornano indietro di un quarto di secolo quando, nel luglio scorso, il capo della Mobile di Roma, Alberto Intini bussa al portone di via della Conciliazione che protegge la casa generalizia dei Padri Salvatoriani. Il monsignore è uno di loro; e da pochi anni è a Roma, dopo aver viaggiato in giro per il mondo nelle parrocchie della Congrega. La Mobile di Roma gli notifica un ordine di arresto che rimbalza dagli States attraverso il ministero di Giustizia italiano: parla delle conclusioni di un detective di Phoenix, John Stolz, che nel 2003 ha rintracciato quei tre bambini della scuola San Mark dove Henn insegnava. Li ha trovati ormai adulti, e più coraggiosi; li ha convinti a testimoniare davanti a un Gran Giurì. E ha incastrato il monsignore. Davanti i poliziotti romani, Henn non oppone resistenza, anche se comincia a temere per la sua vita. Potrebbe invocare l’extraterritorialità degli edifici vaticani e invece si piega alle manette. Roba di poco tempo, però. Perché nel giro di un attimo si ritrova di nuovo a casa, tra le mura della Casa generalizia, agli arresti domiciliari. Fino a ieri, quando si è presentato a piazzale Clodio, nell’aula della Corte che deve decidere se può essere estradato in Usa – così come chiesto dal ministro degli esteri Colin Powell – oppure se può restare a Roma, all’ombra della Cupola di San Pietro. Ed è davanti ai magistrati romani che Henn ha tirato fuori un asso dalla manica. O meglio, lo ha fatto il suo legale, il penalista Michele Gentiloni Silverj; […] ha spiegato che la legge dello Stato dell’Arizona prevede la prescrizione di quel terribile reato in sette anni dal momento in cui si ha notizia dei fatti, ”oppure da quando è possibile averne notizia con la normale diligenza del buon investigatore”. […]
Fonte: il Messaggero

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