Su Repubblica un’intervista a Veronesi

“Ho l’impressione che il dialogo con i vescovi sia diventato un monologo. Bisogna fermarlo”, dice Umberto Veronesi: “Mi sembra che la Chiesa voglia condizionare le scelte di un paese che, se devo giudicarlo alla luce dei comportamenti dei suoi abitanti, è a maggioranza non credente, o poco credente”. Nel tentativo di contribuire a frenare questa “invasione di campo” il professore ha scritto un libro su un tema spinoso che da sempre gli sta a cuore. È un libro che difende l’eutanasia volontaria.
Il titolo è un manifesto, nel senso che dentro c’è già tutto: Il diritto di morire, la libertà del laico di fronte alla sofferenza. Dove la parola laico è un simbolo, un marchio.
Professor Veronesi, mentre lei parla di eutanasia il Vaticano attacca su concordato, pillola abortiva, pacs, e fermiamoci pure qui. Un autentico contro potere italiano?
“No, perché di solito i contro poteri sono occulti. I vescovi, invece, fanno tutto alla luce del sole. Ma adesso rischiano di oltrepassare il limite. Come scriveva Montanelli, stanno cercando di obbligarci a adeguarci a un credo nel quale non crediamo. Le ultime dichiarazioni del cardinale Ruini, per esempio, devono far pensare. E sono difficili da accettare”.
Si riferisce alla condanna della pillola Ru-486?
“Sì. Quando Ruini dice che l’uso della pillola equivale a un omicidio, manifesta un pensiero che va in realtà ben oltre il significato delle sue parole. L’obiettivo della Chiesa è rimettere in discussione la legge sull’aborto. La verità è che ci vogliono togliere la 194, diciamolo con chiarezza. Uno stato laico deve reagire, ricordare alla Chiesa che ci sono confini da rispettare”.
Ma il partito dei cattolici è forte, è trasversale e le sue file si ingrossano. Il presidente della Camera Casini ieri ha detto che le parole della Chiesa sono proposte, non imposizioni.
“Guardi, io rispetto le opinioni di tutti. Ma un conto sono le idee, un altro le leggi. La legge sull’aborto è stata votata dal 70 per cento del popolo italiano. La posizione della Chiesa è, quindi, in opposizione non solo allo Stato italiano, ma al popolo italiano. La Ru-486 è in linea con la 194, il suo utilizzo, naturalmente all’interno di regole precise, non deve costituire un problema. Si tratta, in sostanza, di praticare l’aborto per via farmacologica invece che chirurgica. Se è diventata un problema, è perché se ne è voluto fare un caso politico. Non dobbiamo sottovalutare poi che proibire questa pillola, accettata dalla maggioranza dei paesi europei, porterebbe inevitabilmente alla nascita di un mercato nero. Il proibizionismo non è mai una risposta efficace”.
Perché la Chiesa è così aggressiva?
“Forse perché è in crisi, forse perché sta vivendo un momento di transizione, ma non dimentichi che c’è smarrimento anche nella società ed è in periodi come questi che si riafferma il proselitismo della fede, delle religioni. Benedetto XVI lo ha capito benissimo, questo Papa non è certo un vescovo che sta in mezzo al fiume: è intransigente, è tradizionalista, è coerente. Non si può essere un uomo di chiesa soltanto per metà o per un terzo. I cardinali fanno il loro mestiere, altri invece no”.
È una critica al governo?
“Non solo. Mi riferisco alle carenze e alle assenze della politica. Sia a destra, sia a sinistra. Mi riferisco allo Stato. Ho come l’impressione che improvvisamente siamo diventati tutti ferventi credenti. Tutti rinoceronti, come nella commedia di Ionesco”.
Ed è in questo clima che lei propone di autorizzare l’eutanasia?
“Voglio semplicemente porre il problema, tentare di aprire un confronto su un argomento tabù, un tema di cui nessuno vuole parlare”.
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Imparare a vivere significherebbe imparare a morire, come sosteneva Jacques Deridda?
“Sì, anche se è molto difficile. Ma chi sta in trincea, come i medici, sa quante volte un paziente chiede di venire aiutato a morire”.
E i medici lo fanno?
“Sì, sarebbe ipocrita negarlo: negli ospedali italiani l’eutanasia clandestina viene praticata. Nessuno lo confesserà mai, eppure esiste. Si allontana l’infermiera con una scusa, si aumenta un po’ la dose di morfina… Ci sono molti modi”.
È un omicidio?
“No, è raccogliere un appello alla pietà”.
L’intervista di Dario Cresto-Dina è stata pubblicata sul sito di Repubblica

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