Le università cattoliche debbono “fare scienza nell’orizzonte di una razionalità vera, diversa da quella oggi ampiamente dominante, secondo una ragione aperta al trascendente, a Dio”. È l’invito di Benedetto XVI, che in occasione dell’apertura dell’anno accademico dell’università Cattolica ha detto che “nel 2000” è “un’avventura entusiasmante” quella di “coniugare fede e scienza”. Il Papa è arrivato al Policlinico Gemelli di Roma accolto da una folla di giovani che lo ha lungamente applaudito all’ingresso nell’auditorium. Il Papa ha spiegato che “è venuto affermandosi in modo sempre più esclusivo quello della dimostrabilità mediante l’esperimento. Le questioni fondamentali dell’uomo, come vivere e come morire, appaiono così escluse dall’ambito della razionalità e sono lasciate alla sfera della soggettività”. “Di conseguenza – ha aggiunto Ratzinger – scompare, alla fine, la questione che ha dato origine all’università, la questione del vero e del bene, per essere sostituita dalla questione della fattibilità. Ecco allora la grande sfida delle Università cattoliche: fare scienza nell’orizzonte di una razionalità diversa da quella oggi ampiamente dominante, secondo una ragione aperta al trascendente, a Dio. […]
fonte: Repubblica.it
Dopo la ‘sana’ laicità e la ‘autentica’ democrazia, il papa tenta ora di spiegare cosa sarebbe la ‘vera’ razionalità. In realtà finisce per ammettere che la dimostrabilità del vero e del bene non è ‘fattibile’. E prosegue invitando a fare scienza in maniera diversa da quella dominante. È noto che il mondo scientifico fa ricerca in base a criteri che hanno la loro radice nel metodo galileiano. In assenza di maggiori spiegazioni da parte del papa, ci è nata una ragionevole preoccupazione su ciò che potrebbe essere questa ‘diversità’.