[…]La Mangiagalli è una struttura pubblica, ma nell’assetto proprietario c’è la Curia, che ha un suo
esponente in consiglio d’amministrazione e qui, come in tutta la Lombardia vige una regola che domina il comparto sanità, da quando al Pirellone c’è Roberto Formigoni. Gli incarichi direttivi sono assegnati, preferibilmente, a chi è in linea con Governatore. L’appartenenza a Cielle e la conseguente opzione per l’obiezione di coscienza sono una corsia preferenziale per far carriera. Alessandra Kusterman, una delle ginecologhe in prima linea nella difesa della 194 evidenzia il rapporto inversamente proporzionale tra primari obiettori e applicazione della legge. E da Bergamo, Claudio Crescini che lavora presso gli Ospedali riuniti, dove il primario è proprio quel Frigerio delle crociate antiabortiste, conferma questo dato: «Negli ospedali pubblici della Lombardia si effettuano in media 31 Ivg ogni 100 nati. Ma dove il primario è un obiettore, queste percentuali scendono o addirittura precipitano come a Bergamo, a 5 aborti ogni 100 nati». Una struttura pubblica è tenuta per legge ad applicare la 194 ma, continua Crescini: «gli ospedali diretti da primari dell’area cattolica più integralista hanno lunghissime liste d’attesa per l’Ivg e di conseguenza scoraggiano il ricovero ed indirizzando forzatamente le donne verso altri ospedali dove non esistono ostacoli all’applicazione della legge. Ma ovviamente in queste strutture si crea un afflusso elevato di pazienti che crea disservizi eccessivo carico di lavoro e dissaffezione da parte del personale non obiettore». Previsioni? «Proseguendo l’occupazione da parte di primari di Cielle o loro affini , dei primariati di ginecologia degli ospedali lombardi, in un futuro non lontano ci sarà una impossibilità di ricorrere all’aborto legale e dunque si ritornerà a quello illegale o ci si rivolgerà ad ospedali di regioni limitrofe». […]
L’articolo di Susanna Ripamonti è stato pubblicato oggi su L’Unità.