Il dibattito in corso in Spagna su fecondazione assistita e ricerca sulle staminali è emblematicamente distante dai toni clerical-tecnofobi che prevalgono nella politica italiana. La riforma spagnola del 2003 – approvata durante il governo Aznar e ancora in vigore – consente l’inseminazione artificiale, sia omologa che eterologa, alle donne sposate, conviventi e single. Non equiparando l’ovulo appena fecondato alla persona, permette di produrre embrioni sovrannumerari, di crioconservarli e di impiegarli nella ricerca; autorizza la diagnosi pre-impianto e il non impianto degli embrioni malati. Quindi, una normativa molto avanzata rispetto a quella introdotta in Italia dalla legge 40/2004, che ci ha improvvisamente collocati ai vertici del proibizionismo mondiale in materia.
Ma è già all’esame del parlamento spagnolo una proposta di riforma, promossa dal governo Zapatero e approvata il 21 dicembre dalla competente commissione parlamentare con l’accordo di tutti i gruppi, eccetto quello del PP (Partido Popular, di ispirazione cattolica). La riforma, che arriverà in aula per l’approvazione definitiva il prossimo febbraio, ha questi obiettivi qualificanti:
1. agevolare l’accesso alle tecniche di fecondazione assistita per tutte le donne a prescindere dalle capacità economiche, dallo stato civile e dall’orientamento sessuale, e a prescindere dal fatto che siano o meno sterili
2. consentire l’utilizzo delle tecniche più efficaci, cancellando le limitazioni al numero di ovuli impiantabili
3. consentire la clonazione terapeutica, considerata il futuro della ricerca scientifica (mentre la clonazione a fini riproduttivi resta vietata)
4. consentire – è uno degli aspetti più innovativi della legge – il c.d. bebè-medicamento, cioè la selezione, tra gli embrioni ottenuti dalla fecondazione in vitro, di uno compatibile col figlio malato della stessa coppia, in modo che da alcune cellule del neonato possano essere ricavate le staminali per salvare il fratello o la sorella (vedi)
5. agevolare l’aggiornamento tecnologico in quest’ambito
La Spagna si avvia ad avere una delle legislazioni più aperte d’Europa: a due-tre ore di aereo dalla maggior parte del territorio italiano, con una lingua e una cultura così vicine alla nostra, è facile immaginare che diventerà meta privilegiata per le coppie italiane bisognose di ciò che da noi è proibito.
Gracias Zapatero!
Ulteriori dettagli sulla nuova legge spagnola
Un commento di Donatella Poretti dell’Aduc
Lezioni di educazione civica dalla Spagna
«Sui temi della bioetica e delle liberta’ civili i nostri vicini e cugini del Mediterraneo stanno facendo passi da gigante. Come seguendo il manuale del buon legislatore si pongono un obbiettivo unico: fare una legge perche’ possa essere utilizzata al meglio dai cittadini che vi vogliano e/o debbano ricorrere. […] Ma ciò che più invidiamo è il principio per cui la legge viene rivista: per cercare di permettere a tutte le donne che intendono accedere a queste tecniche di fruirne senza distinzione di orientamento sessuale e di stato civile, con un handicap o no, senza sentenziare in merito alle motivazioni che le hanno spinte a farvi ricorso. Esattamente come lo Stato fa, o dovrebbe fare, quando avviene con i metodi “naturali”.
Se pensiamo ai dibattiti che hanno segnato la legge italiana e il successivo referendum in materia, e’ facile vedere la differenza. L’obbiettivo era diverso, e dietro alla tutela del concepito come principio reggente del testo, l’affermazione di una morale era manifesta.
Che nella legge spagnola gia’ si anticipi come il trasferimento nucleare e la ricerca con le staminali embrionali siano il futuro della ricerca, e’ il segnale aggiuntivo per una legge aperta e positiva. E per questo c’e’ da ringraziare il sistema federale delle autonomie spagnole, che spingono l’amministrazione centrale. L’ariete da sfondamento e’ ancora una volta l’Andalusia. Lo fu per permettere la ricerca con gli embrioni sovrannumerari, e oggi lo e’ per la clonazione terapeutica.»