Ancora sul vilipendio a Torino

Molti credevano che il femminismo fosse morto, e molti altri che il Medioevo fosse finito. Tutte e due le ipotesi vengono smentite dalla cronaca. Mercoledì 21 dicembre 2005 un gruppo di studenti universitari, alcuni ragazzi dei Collettivi e dei Centri sociali hanno affisso due striscioni fucsia ai lati del portone di ingresso della Curia torinese. Sugli striscioni era scritto: “Più autodeterminazione, meno Vaticano” e “Poletto (Arcivescovo e Cardinale di Torino n.d.r.) stai zitto l’aborto è un diritto”. È finita in farsa, quella che sembrava essere una semplice manifestazione di contrasto alle politiche sulla procreazione assistita e sull’aborto di questo governo e alle ingerenze delle gerarchie ecclesiastiche nella vita politica italiana. Alcune manifestanti sono, infatti, state fermate alcuni minuti dopo la fine dell’azione dimostrativa dalla Digos di Torino che le ha portate in questura, in stato di fermo di polizia, per notificare il pericoloso reato 404 del Codice penale, ovvero, il “vilipendio alla religione”. I ragazzi fermati sono stati denunciati a piede libero per aver organizzato una manifestazione non autorizzata e aver oltraggiato la religione. La pericolosa offesa perpetuata da queste eversive femministe, e da alcuni maschietti con loro conniventi, consiste nell’aver incollato alcuni preservativi affianco al campanello della Curia. […] Le manifestazioni di libero pensiero, probabilmente, ledono l’aura sacrale che ormai cinge, come nel Medioevo, ogni stabile in possesso di Santa romana chiesa. I ricordi di uno Stato laico tendono a svanire, sembra normale, allora, che lo Stato pontificio assuma una dimensione metafisica e che la Repubblica italiana, oltre non esigere che gli immobili curiali paghino l’Ici, ne difenda l’integrità morale e sacrale. Le giovani femministe torinesi non si erano accorte che la regressione storica le avesse riportate indietro di un migliaio d’anni e che chiedere autodeterminazione equivalesse a compiere sacrifici umani, reato di eresia e stregoneria. […]
L’articolo di Roberto Mastroianni è stato pubblicato su AprileOnLine

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