Nove su 10 credono. Però l’idea di Dio appare molto articolata rispetto agli anni Cinquanta. Non c’è il tout court dell’ora e sempre o dell’inferno, che spesso sfocia nell’integralità. Meno manicheismo e più dubbi, meno bianconero e più sfumature di grigio. La dimensione della fede a Pordenone sta cambiando. Probabilmente è già cambiata. […] Alessandro Castegnaro, docente universitario e direttore dell’Osservatorio socioreligioso triveneto, ha raccolto dati ed elaborato messaggi. Ieri mattina, a San Marco, ha spiegato agli 800 i contenuti del dossier diocesano “Credere – Non credere”, che può diventare per tutti (e non solo per i preti) un prezioso strumento di lavoro. Tra le parole chiave ci sono i valori, gli effetti della secolarizzazione, i livelli della pratica religiosa, il senso d’appartenenza, il rinnovatosentire delle giovani generazioni. Il 92% degli intervistati, scelti casualmente in 31 comuni del territorio friulveneto, dice di confidare nell’essere supremo. Atei e agnostici non superano la quota dell’8%. «Ma cosa vuol dire credere e qual è l’immagine di Dio che esce da queste pagine? – si chiede Castegnaro – Per chi ha risposto alle nostre domande non significa dire sì o no. È un’esperienza di vita, che contempera le dimensioni del dubbio e dell’incertezza. Citando il teologo Bruno Forte: il fedele non è che un povero ateo che ogni giorno si sforza di credere». La prospettiva del dubbio si allarga decisamente quando s’incanala l’attenzione verso la vita eterna. E le apparizioni della Madonna? Tra “invenzioni” ed “esperienze umane”, il 27% degli intervistati ha qualcosa da eccepire e un solo 31% le accetta in toto. Non solo. A sorpresa, il 45\% di coloro che vanno a messa si rivela tiepida in materia di resurrezione del corpo, mentre il 64.6\% non dubita della rinascita dell’anima. […]
L’articolo di Pier Paolo Simonato è stato pubblicato sul sito del Gazzettino