Il Vaticano nascose i criminali ustascia

Negli anni del grande disordine seguito alla Seconda guerra mondiale, i più famigerati criminali di guerra croati, i cosiddetti ustasha, poterono sfuggire alla giustizia internazionale, trovare rifugio in America Latina e sfruttare l’immenso tesoro raccolto depredando le vittime del loro regime sanguinario, grazie alla protezione ricevuta in Vaticano dall’allora vice segretario di Stato Giovanni Battista Montini, più tardi asceso al soglio di Pietro con il nome di Paolo VI. È stato l’agente del controspionaggio americano William Gowen a evocare il ruolo di Montini in una testimonianza resa il mese scorso davanti alla Corte Federale di San Francisco chiamata a giudicare su una serie di istanze di risarcimento presentate da ebrei, serbi, ucraini, russi e rom sopravvissuti alla macchina di sterminio messa su da Ante Pavelic e dai suoi seguaci in nome e per conto dei nazisti. Copia di quella testimonianza è venuta in pssesso del giornale “Haaretz” che ne ha anticipato il contenuto. […] Il disegno di Pavelic, che mostrò la sua gratitudine e al padrone germanico inviando alcune unità di ustasha a combattere contro i sovietici a Stalingrado, e, temerariamente, si unì alle potenze dell’Asse nel dichiarare guerra agli Stati Uniti, fu essenzialmente un disegno razzista basato sulla supremazia dei croati, anche in quanto cattolici, rispetto ai serbi, greco-ortodossi, attuato attraverso una gigantesca operazione di pulizia etnica ante litteram. La crudeltà dispiegata dalle milizie ustasha contro chiunque non fosse croato e cattolico fu così agghiacciante che persino il comandante dell’esercito tedesco in Yugoslavia si sentì in dovere di levare la sua tardiva protesta. In conseguenza degli ordini impartiti da Pavelic e dal suo braccio destro Andrija Artukov, soprannominato “l’Himmler dei Balcani”, ottocentomila persone furono sterminate, centomila solo nei campi di Jasenovac. Dopo la guerra Pavelic e gli altri capi ustasha volarono in Austria e da qui, con l’aiuto dell’intelligence britannica e di certi amici ben piazzati in Vaticano, passarono in Italia, trovando rifugio nella penombra delle basiliche romane e nel silenzio dei monasteri. […]
L’articolo di Alberto Stabile è stato pubblicato su “la Repubblica”

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