«Più volte gli ho consigliato di smettere, di cambiare vita. Ma lui è un testone, non ne ha mai voluto sapere. L’ho pure ammonito: “Se continui, finirai in galera”, gli dissi una volta. E così è andata». Monsignor Jean Claude Loemba Makaya, vecovo di Point Noire, la città portuale congolese, ricca di pozzi di petrolio e di piattaforme in mezzo al mare, dove padre Fedele Bisceglia ha costruito un dispensario e un centro d’accoglienza per ragazzi di strada è reticente, fa fatica a parlare di questo frate dal comportamento spregiudicato, venuto dall’Italia, che si circondava di ragazze e signorine. A ogni domanda nicchia, fissa con uno sguardo penetrante l’interlocutore, non sa se rispondere o meno. Sembra compresso tra la voglia di raccontare e l’ordine di non parlare. «Sono un uomo di Chiesa e anche un giurista. Devo tenere la bocca cucita – mima disegnando una X con le dita davanti alle labbra. Poi aggiunge -. Gli ho parlato tante volte da fratello a fratello gli ho detto di cambiare atteggiamento verso le donne. L’abbiamo diffidato: se ti comporti così non tornare». Ma lui ha ammesso qualcosa? «No, ha sempre negato qualunque addebito». Ma in Africa le voci corrono. […] Le voci parlano anche di un figlio ma in tre giorni di ricerche a Point Noire, del «figlio del frate» non c’è neanche l’ombra, nonostante la promessa di una buona mancia per chi l’avesse trovato. Frère Jacques è un francescano belga. A vederlo accasciato su una poltrona da cui si alza a fatica sembra centenario: «So che c’era una lite tra lui e il vescovo – confessa -. Padre Fedele era accusato di andare con le donne – e qui scoppia in una fragorosa risata che lo scuote dalla testa ai piedi facendogli rischiare un collasso – e il vescovo e i suoi amici di volersi impadronire delle strutture create dal missionario». Perché ride? «Era risaputo che Padre Fedele andasse con le donne, ma ha fatto buone cose, ed è questo che conta».[…]
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