Samuel Alito, 55 anni, italoamericano del New Jersey, e’ diventato ieri il centodecimo giudice a vita della Corte Suprema americana. Accelerata per dargli modo di assistere ieri sera insieme agli altri otto membri della Corte al discorso sullo stato dell’Unione del presidente Bush, la votazione del Senato non ha riservato sorprese. Chiamati per nome uno per uno, 58 repubblicani gli hanno dato il loro parere favorevole, contrastati invano dai 42 democratici contrari. Un repubblicano e quattro democratici hanno rotto la disciplina di partito. […] Alito, ex giudice federale, ex procuratore del New Jersey e ex collaboratore del dipartimento della Giustizia di Ronald Reagan, e’arrivato solo dopo e si e’ immediatamente dimostrato una scelta assai piu’ controversa. Durante le sue udienze di fronte alla commissione giudiziaria, il candidato si e’ difeso con abilita’, ben attento a non pronunciarsi con chiarezza sui grossi temi che la corte dovra’ affrontare nel futuro. Sul tema del diritto di aborto, cosi’, Alito ha promesso di tenere ‘’la mente aperta’’, ma senza impegnarsi a considerare la sentenza che ha stabilito il diritto d’aborto per le donne americane come ‘’un precedente acquisito’’. E anche in altri settori delicati, come quello dei poteri presidenziali e dei diritti degli individui, ha preferito tenersi nel vago. I suoi pareri legali per il dipartimento della giustizia e le sue sentenze come giudice della Corte d’appello, tuttavia, hanno parlato da soli. Adesso, andando a raggiungere quattro giudici sicuramente conservatori e quattro moderati, Alito diventera’ il vero ago della bilancia, in grado di influenzare per i prossimi decenni l’intera societa’ americana. E Bush e’ stato in grado di offrire, alla vigilia delle delicate elezioni di mezzo termine, un regalo prezioso al suo elettorato.
L’articolo di Gianna Pontecorboli è stato pubblicato su Lettera 22