«Questa satira rafforza solo l’estremismo»

«Quella che è stata praticata con le caricature di Maometto non è libertà di stampa ma libertà di caos. Un caos che è servito a rafforzare i gruppi fondamentalisti e quei regimi dispotici che usano strumentalmente questa vicenda per distogliere l’attenzione dalle tante ingiustizie perpetrate contro i loro popoli. Nessuno può certo accusarmi di radicalismo religioso. Le mie battaglie in difesa dei diritti delle donne nel mondo arabo e musulmano mi hanno attirato l’ira e le minacce di morte dei gruppi integralisti. Ma proprio per questo mi sento oggi di dire che la pubblicazione di quelle vignette ha reso più difficile la battaglia di democrazia portata avanti nel mondo arabo da tante organizzazioni e movimenti della società civile». A parlare è Nawal Saadawi, 75 anni, la scrittrice egiziana paladina dei diritti civili nel mondo arabo. Per i suoi libri in difesa dei diritti delle donne e contro la pratica della infibulazione è stata minacciata di morte dai gruppi integralisti egiziani. Il suo primo libro, «Women and sex», pubblicato nel 1972, un inno di battaglia contro la circoncisione femminile, le costa la cacciata dal ministero della Sanità e la persecuzione delle autorità religiose. Da allora scrittura e impegno civile divengono per lei inseparabili e si traducono in alcuni dei libri più scioccanti scritti sull’oppressione delle donne arabe: «Un tema, questo – rileva con amarezza Nawal Saadawi – sul quale avrei voluto davvero che la stampa occidentale avesse esercitato il massimo di libertà di espressione, di informazione, di critica e di denuncia, usando anche l’arma della satira contro i rais e gli ayatollah sessuofobici. Ma così non è stato, meglio prendersela con il Profeta piuttosto con chi fare affari…». Nawal Saadawi viene arrestata e imprigionata, senza processo, nel 1981, assieme a 1600 esponenti politici e intellettuali egiziani, e rilasciata solo dopo l’assassinio del presidente Anwar el Sadat. A metà degli anni Novanta è costretta all’esilio,perché il suo nome compare nella lista della morte di un gruppo fondamentalista: la «colpa» di cui si è macchiata agli occhi dei «pasdaran di Allah» è quella di aver offeso la religione con i suoi romanzi sul sesso e sulle libertà individuali non previste dalla sharia, la legge islamica. Nel 2001, l’ennesima persecuzione: solo una grande mobilitazione internazionale la salva da un processo da un processo per apostasia e dal divorzio coatto chiesto, contro la volontà sua e di suo marito, da un avvocato integralista. […]
L’articolo di Umberto De Giovannangeli, a cui segue un’intervista a Nawal Saadawi, è apparso sul sito dell’Unità

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