Non c’era soltanto l’azzeramento del contributo alle principali agenzie delle Nazioni Unite (Fao, Unicef, Unhcr, Oms, Undp, Unfpa, Unesco,) nella delibera, di cui il manifesto ha dato conto domenica, approvata alla Farnesina il 16 febbraio scorso. E non c’erano solo le attribuzioni ad altri organismi minori, di cui pure si è dato conto, nella decisione del «direzionale», il comitato del ministero degli Esteri competente a decidere in materia di cooperazione e riunitosi un mese prima dell’appuntamento tradizionale (marzo). La delibera ha approvato infatti anche un’altra serie di contributi, una lunga lista che merita attenzione. Tra queste ve n’è uno all’International Management Group che riguarda la discreta somma di 20 milioni di euro. Tenuto conto che l’Img ha ottenuto nella medesima delibera 8 milioni come contributo volontario agli «organismi internazionali impegnati nella cooperazione con i Pvs», il gruppo si è portato a casa in una sola giornata la bellezza di 28 milioni di euro, 14 volte di più, per dirne una, del Programma alimentare mondiale, e 7 di più di quanto ha incassato l’agenzia dell’Onu che combatte la droga e il crimine e che, in questi tempi di guerra allo spinello, sta nel cuore e nella mente dello stesso ministro degli Esteri. Dove, evidentemente, deve stare anche l’Img, se ha beneficiato di tale trattamento. Accanto al capitolo 2180/02, dal quale la Farnesina ha deciso a chi dare (o non dare) i cosiddetti «contributi volontari» (quelli che si attribuiscono alle grandi agenzie internazionali per far funzionare la macchina), sono state approvate dal Comitato direzionale altre «iniziative»: dal finanziamento della mostra appena aperta a Roma sulla Cooperazione (una bellissima mostra, per altro), al programma di lotta all’Aids in Kenia, sino al sostegno alle famiglie delle regioni avicole marginali del Libano (il più alto: 3,3 milioni di euro). Tutta roba al massimo da 3 milioni, appunto, e che certo ha una sua ragion d’essere (una «scheda» si dice in gergo) tecnica. Ecco invece che alla voce-paese Albania, al titolo «Contributo volontario volto a realizzare attività di cooperazione tecnica a sostegno del sistema sanitario», di milioni ne appaiono 20 e sono destinati all’Img che, come detto, ha appena beneficiato di altri 8 (contributo minore rispetto all’erogazione del 2005) come «contributo volontario» tout court. Sebbene sulla vicenda sia stesa una resistente cortina di protezione, è noto che i quattrini servirebbero al costituendo policlinico universitario di Tirana, ampliamento di un ospedale che già esiste, che fu ideato da madre Teresa di Calcutta. La nuova struttura, fortemente voluta dall’Istituto Dermopatico dell’Immacolata (Idi, della congregazione cattolica «Figli dell’Immacolata Concezione») e dal dicastero vaticano che si occupa di sanità, ha una storia controversa, iniziata circa 3-4 anni fa. Il fatto è che una proposta di finanziamento da parte dell’Italia, a via Contarini, non riesce a passare. Al momento di vagliare l’ipotesi di sostenere, in buona sostanza, un ospedale privato in Albania, gestito da una congregazione religiosa, il progetto si arena. C’è evidentemente qualcosa che non va, tanto che persino il governo albanese fa sapere di non voler avallare l’operazione e chiede che comunque non vada a incidere su altri contributi paese. Sembra una vecchia storia che si ripete. Ma la resistenza non la fa solo l’Albania. La cosa non piace nemmeno al sottosegretario agli Esteri Roberto Antonione, uno che al ministero di tempo ne passa sempre molto poco, tanto che all’ultimo direzionale, quello in cui è passata la delibera, non c’era. Antonione in passato si era impuntato diverse volte e, in più di un’occasione, aveva bloccato il provvedimento o perché non aveva letto le carte o perché c’era qualche sensibile passaggio elettorale. […] L’opposizione di Antonione è strenua, tanto che un alto porporato chiama l’esponente di Forza Italia chiedendo spiegazioni. Antonione non conferma la telefonata. Del resto, spiega un diplomatico «siamo in campagna elettorale» e il sottosegretario, irraggiungibile, ha altro cui pensare. I bene informati spiegano che alla fine la pressione vaticana si sarebbe dunque spostata direttamente sull’ufficio del titolare della Farnesina. È a quel punto forse che l’affaire si sblocca. Il 16 la delibera con l’approvazione del finanziamento a «contributo volontario», una formula che non richiede le complicate specifiche di progetto che finora avevano creato tanti problemi.
L’articolo è stato pubblicato sul Manifesto