Non tutti partecipano alle giornate mondiali della gioventù; non tutti vanno a messa la domenica; non tutti pregano assiduamente, ma a chiedergli a quale religione credono rispondono: cristiana cattolica. A parte coloro che si dicono agnostici, atei, credenti in un dio generico fatto a propria immagine e somiglianza, la maggior parte dei giovani italiani, precisamente sette su dieci, professa il cattolicesimo: declinandolo secondo diversi gradi di importanza e in varie forme. Da quella occasionale a quella fervente; da quella intimista a quella rituale. Sono undici, infatti, i tipi di religiosità individuati dalla indagine su “La religiosità giovanile in Italia” realizzata dall’Istituto Iard e dal Centro di orientamento pastorale (Cop), tra la primavera e l’estate del 2004. E tremila i giovani, tra i 15 e i 34 anni, consultati sui rispettivi atteggiamenti e sulle pratiche religiose adottate. Secondo la ricerca il 70 per cento della popolazione giovanile, oltre dieci milioni, si definisce cattolico […] La percentuale più alta di cattolici è rilevata nelle regioni del Sud (80 per cento), mentre la più bassa si trova nel centro Italia (59 per cento). Ma in questo quadro molte altre sono le sfumature: se facilmente infatti ci si dichiara “cattolici” in generale, poi sul piano del vissuto personale le differenze sono sostanziali. Per il 18 per cento dei giovani italiani, definiti “cattolici occasionali”, la partecipazione alla vita comunitaria è molto scarsa e si risolve in un saltuario colloquio personale con Dio. […] “Nella maggioranza dei ragazzi il dirsi cattolico sembra assolvere a una esigenza psicologica d’identità – dichiara Riccardo Grassi, ricercatore dell’Istituto Iard e curatore dello studio – e la frammentarietà dei comportamenti mostra di fatto come il modo di porsi sia fortemente variegato”. […] La tendenza quindi è quella di vivere la religione gestendo a piacimento la professione di fede. “In questi giovani – commenta monsignor Domenico Sigalini, presidente del Centro di Orientamento pastorale e vescovo di Palestrina – c’è la volontà di una ricerca individuale e di una pratica soggettiva ma il dato costante, riscontrabile anche nelle indagini degli anni scorsi, è la domanda religiosa che quasi tutti i giovani si fanno”. Ma una volta affermato che la religione sì, è molto importante nella vita, come sostiene il 30 per cento dei ragazzi intervistati, va bene viverla a modo proprio? Personalizzarla. O si tratta di relativismo? “Non del tutto perché questa personalizzazione ha due esiti – dichiara monsignor Sigalini – da un lato può portare a un relativismo assoluto, dall’altro può consentire la costruzione di una seria coscienza cristiana e di un cammino profondo. E in tal caso c’è da essere contenti”.
L’articolo è stato pubblicato da Repubblica.it
Continua la pubblicazione di sondaggi “discutibili”, che in questo periodo sembra vadano molto di moda. Il sondaggio dà sempre una risposta diversa, a seconda del committente. Infatti, chi è il mandante di questo sondaggio? Chi se non il Centro di Orientamento Pastorale, come sottolinea l’articolo? Tremila i giovani consultati (dove? fuori dalla chiesa?), da cui si deduce il comportamento di oltre dieci milioni di italiani. Inutile portare a riprova di questo dato il fatto che la sottoscritta è compresa proprio nella fascia di “giovani tra i 15 e i 34 anni”, ma casualmente non è stata interpellata. Bisognerebbe riflettere piuttosto sulle motivazioni che spingerebbero un giovane a rispondere in questo modo (che tuttavia è molto generico). Da questo sondaggio ognuno tira le proprie conseguenze: chi è contento di avere tante persone incerte da tirare al proprio mulino, e chi si chiede se questi ragazzi riusciranno mai, soprattutto nella scuola, a trovare una persona che ponga sullo stesso piano tutte le religioni, l’agnosticismo e l’ateismo, una persona con cui fare una riflessione seria e matura.