Il dibattito sollevato dalle dichiarazioni del cardinale Martino sulla richiesta dell’Ucoi di consentire l’insegnamento della religione islamica nelle scuole pubbliche è stato ricco ma non approfondito. Si tratta di questioni complesse che investono il sistema dei rapporti Stato-confessioni religiose e che suggeriscono il richiamo di alcuni punti fermi. 1. La separazione costituzionale degli ordini di Stato e della Chiesa e l’abrogazione del principio della religione di Stato, rendono illecito e incongruo ogni intervento delle gerarchie cattoliche sui rapporti dello Stato con altri culti. 2. La così detta Consulta islamica, istituita non sulla base di una legge ma con un decreto ministeriale, non solo non è rappresentativa […] ma non è nemmeno, dal punto di vista dei problemi religiosi, costituzionalmente lecita. […] Il dialogo istituzionalizzato con le religioni passa solo attraverso il sistema costituzionale delle intese. 3. Ne consegue che i problemi religiosi dell’islam italiano, compreso quello dell’eventuale ora di religione nelle scuole, non possono essere risolti che da queste intese la cui stipulazione. […] 4. Basta avere l’accortezza di leggere le intese in vigore dal 1984 in poi e quelle già firmate da Palazzo Chigi (dove è in funzione ed è attivissimo dal 1985 un ufficio per i rapporti istituzionali con le religioni) per constatare con estrema facilità che in tutti gli accordi con le confessioni diverse dalla cattolica è già prevista la possibilità di «rispondere» alle richieste di alunni, famiglie o organi scolastici «in ordine allo studio del fatto religioso e delle sue implicazioni», attraverso la presenza nella scuola di docenti incaricati dalla confessione, nel quadro dell’ordinamento scolastico e allo scopo di «garantire il carattere pluralistico della scuola». E non si è certo chiesta l’autorizzazione ai vescovi o al Vaticano.
5. Dulcis in fundo: nessuno si è accorto che la legislazione fascista sui culti ammessi tuttora in vigore (legge n. 1159 del 1929 e decreto n. 289 del 1930) prevede espressamente che «quando il numero degli alunni lo giustifichi e quando per fondati motivi non possa esservi adibito il tempio, i padri di famiglia professanti un culto diverso dalla religione dello Stato possono ottenere che sia messo a disposizione qualche locale scolastico per l’insegnamento religioso». […] Una postilla: basta rileggere la Costituzione e i numerosi atti internazionali sulla libertà religiosa (il «Codice» della prof. Scalabrino della Università Cattolica ne raccoglie qualche centinaio) per rendersi immediatamente conto che le diffuse opinioni sulla cosiddetta «reciprocità» (si consente l’ora islamica solo se i Paesi islamici consentono quella cattolica), sono giuridicamente infondate. I diritti fondamentali di tutti non sono negoziabili (lo ha ripetuto con efficacia di recente Stefano Rodotà): in democrazia si rispettano e basta.
Il testo integrale dell’articolo di Francesco Margiotta Broglio è stato pubblicato sul sito del Corriere della Sera