A un anno di distanza dalla morte del papa polacco si ripete l’overdose mediatica che ne celebra immancabilmente la grandezza, senza alcun distanziamento critico. Aderiamo anche noi a questo modo discutibile di fare giornalismo ripetendo tale e quale il comunicato stampa UAAR di un anno fa.
Giovanni Paolo II è morto: con la sua scomparsa i cattolici perdono la loro attuale guida. Gli atei e gli agnostici rispettano il loro dolore per la morte dell’uomo Wojtyla. Il suo ruolo di papa, tuttavia, non può, non deve essere confuso con la sua umana sofferenza, come a doverne stemperare i limiti istituzionali nella pietas umanitaria.
Giovanni Paolo II è stato un papa che molti cattolici, non tutti, hanno giudicato grande, dimenticandone gli umani errori. Karol Wojtyla è stato anche un papa che ha riportato la Chiesa cattolica a un’era preconciliare, a una sfrenata prassi canonizzatrice, discutibile anche per i modelli di santità proposti ai fedeli (Escrivá, Carlo I, padre Pio, Stepinac, Pio IX). Un papa attentissimo alle forme di comunicazione, anche quando ha chiesto scusa (a Dio, non alle vittime) per gli errori dei figli della Chiesa, mai per gli errori della Chiesa cattolica, da lui considerata una società perfetta. Una Chiesa cattolica chiusa nei confronti di nuove realtà come l’eutanasia, il controllo delle nascite, la prevenzione dell’AIDS, le unioni di fatto, i diritti dei gay. E per contro orgogliosa nel rivendicare privilegi secolari, attraverso un nuovo interventismo politico di cui il nostro Paese è purtroppo stato il principale destinatario. Interventismo che spesso ha assunto la forma dell’ingerenza e ha trovato nelle istituzioni repubblicane un interlocutore disposto ad assecondare il clero oltre i limiti dettati dalla laicità dello Stato.
Gli atei non dimenticano come Giovanni Paolo II abbia sempre considerato l’ateismo un banale sinonimo di comunismo, e abbia più volte equiparato l’apostasia alla degradazione morale. Valga per tutte l’affermazione contenuta nell’enciclica Centesimus Annus: «La negazione di Dio priva la persona del suo fondamento». Un fondamento che,a suo dire, avrebbe invece l’embrione. Ma si ricordi anche quando, nella famosa omelia di “Confessione dei peccati”, inserì l’ateismo tra «i mali di oggi». Affermazioni, riportate a puro titolo esemplificativo, che non possiamo facilmente sottacere. Affermazioni che i mass media, per completezza d’informazione, dovrebbero riproporre: anche in queste ore di lutto per il mondo cattolico.