«È islamico, non può essere il capolista. Persona autorevolissima, per carità, ma il capolista deve unire, non dividere. Nessuno di noi ha qualcosa contro l’Islam, ci mancherebbe, ma il capolista deve rappresentare un po’ tutti, non credete?». Sono i dubbi espressi qualche giorno fa (a mezza bocca, per carità, perchè la polemica rischia di apparire poco «politically correct») sulla candidatura dello scrittore iracheno Younis Tawfik a capolista dell’Ulivo per Chiamparino. A sollevarli, per primi, alcuni rappresentanti dell’ala cattolica della Margherita, ma in seguito condivisi anche da altri componenti dello schieramento. La polemica è affiorata ieri, alla vigilia della riunione di maggioranza di stamattina in cui Ds e Margherita, insieme con il sindaco Chiamparino, discuteranno il programma, per la prima volta insieme con gli uomini di Rifondazione. Oggi non si parlerà di nomi, anche se appare ormai chiaro che l’esule iracheno resterà in lista «perchè rappresenta un grande valore aggiunto», ma non la guiderà». Perchè? Per una questione di opportunità politica. […] Sappiamo come fate voi giornalisti – commentava ieri nei corridoi di Palazzo civico un giovane consigliere della Margherita («No il nome no, per favore che poi io ci rimetto il posto») – domani accuserete noi cattolici di razzismo religioso e culturale. E invece si tratta soltanto di una pura e semplice questione di opportunità politica: il capolista è il simbolo della lista stessa e come tale deve essere super partes». […]
L’articolo di Emanuela Minucci è stato pubblicato sul sito della Stampa