È un film a molti strati, com’è nello stile dell’autore, “Il regista di matrimoni” di Marco Bellocchio. Con tutte le ossessioni presenti nelle sue ultime pellicole: la crisi dell’artista e la critica feroce all’oppressione cattolica, già al centro dell’Ora di religione; ma anche un personaggio femminile in bilico tra due destini diversi (come la Maya Sansa di Buongiorno notte). E poi ci sono anche elementi, diciamo così, biografici: la rabbia per il provincialismo del cinema italiano, ad esempio. E infine, c’è la passione che scoppia tra i due protagonisti: Sergio Castellitto, cineasta in fuga da se stesso, e Donatella Finocchiaro, principessa triste destinata a nozze di convenienza. […] “Si tratta di un’opera molto personale”. Così come profondamente radicata nell’universo bellocchiano è l’ossessione verso l’ossessione religiosa: “Io sono ateo – ricorda lui – ma affermare il proprio ateismo è una cosa molto fuori moda: c’è un’esplosione di conversioni a destra, a sinistra, dappertutto. Ma, da candidato uscente della Rosa nel pugno, sono molto tollerante: vorrei che ci fosse la stessa tolleranza nei miei confronti”. […]
Il testo integrale dell’articolo di Claudia Morgoglione è stato pubblicato su Repubblica.it