Terra biblica di portenti e divinità spietate, il Sinai pare diventato l’altare sul quale il terrorismo islamico pratica i suoi sacrifici umani, scrive Guido Rampoldi sulla Repubblica. Impressiona la regolarità inesorabile di questi riti: grossomodo, un massacro ogni nove mesi. I primi uccisi, a Taba nel 2004, furono israeliani, gli odiati “ebrei”. Poi occidentali, a Sharm el Sheik nel luglio scorso. Ieri sera a Dahab pare venuta meno perfino la finzione per la quale una miserabile strage di inermi viene spacciata per un’azione militare contro la nazione o il blocco di nazioni cui appartengono le vittime. Secondo quanto stima al Cairo il ministero dell’interno, la maggior parte delle vittime sono egiziane.
L’articolo è stato pubblicato sulla home page del Supergiornale