«Islam moderato, per i jihadisti un nemico da abbattere»

«Destabilizzare i regimi arabi moderati e apostati. Propagare la jihad globalizzata all’intero Medio Oriente. Ribadire con l’arma del terrore la propria leadership nel variegato arcipelago dell’Islam radicale armato. C’è tutto questo dietro il triplice attentato di Dahab». A parlare è il professor Nabil El Fattah, già direttore del Centro di Studi Strategici di Al Ahram del Cairo. «Piuttosto che avventurarsi in ardite decriptazioni dell’ultimo messaggio audio di Osama Bin Laden – rileva lo studioso del terrorismo jihadista – rifletterei su un dato incontrovertibile: le guerre in Afghanistan e in Iraq non solo non hanno eliminato Al Qaeda ma, nel costringerla a cambiare pelle, cioè strutturazione e modus operandi, hanno fatto dell’intera area mediorientale, dall’Iraq alla Palestina, dall’Egitto alla Giordania, il teatro della nuova offensiva del network terrorista denominato Al Qaeda». -L’Egitto è sotto shock per il triplice attentato di Dahab. Cosa c’è dietro questa strage probabilmente targata Al Qaeda? R:«C’è la dichiarata e praticata volontà di destabilizzare i regimi arabi filo-occidentali colpendone la risorsa economica più significativa: il turismo. Non va mai dimenticato che per il terrorismo jihadista il primo nemico da colpire e annientare non è, al di là dei roboanti proclami, l’Occidente crociato e apostata, bensì l’Islam moderato, quello cioè che scommette sulla possibilità di coniugare identità religiosa e modernizzazione, un Islam orgoglioso delle proprie radici ma che crede nel dialogo, un dialogo alla pari, con l’Occidente».-Perché Al Qaeda è tornata a colpire proprio in Egitto? R: «Le ragioni sono molteplici. Innanzitutto, l’Egitto è la culla di Al Qaeda; qui infatti sono nati i primi gruppi fondamentalisti che hanno rappresentato l’ossatura organizzativa e la fonte ideologica del network di Osama Bin Laden: mi riferisco alla Jihad Islamica di Ayman al-Zawahiri […] C’è poi da tener conto del ruolo di primo piano che l’Egitto di Hosni Mubarak gioca sullo scacchiere mediorientale: quello di Paese-ponte con l’Occidente, particolarmente attivo nel processo di pace israelo-palestinese. L’Egitto è il perno del fronte arabo dialogante: metterlo in ginocchio significa ridefinire gli equilibri di potenza nella Regione a favore del “fronte del rifiuto”. In terzo luogo, i gruppi affiliati ad Al Qaeda hanno colpito duramente per rivendicare la propria leadership nel variegato universo dell’Islam radicale. La loro è anche una sfida ai Fratelli Mussulmani e, per altri versi, alla stessa Hamas palestinese […]
L’intervista completa a Nabil El Fattah è raggiungibile sul sito dell’Unità

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