[…] La Chiesa Cattolica Patriottica, che risponde al governo di Pechino, ha deciso di ordinare vescovo di Kunming, capitale della provincia meridionale dello Yunnan, il prelato quarantenne Ma Yinglin, senza avere consultato e avere ottenuto il consenso della Santa Sede. Formalmente si tratta di un atto corretto: i rapporti bilaterali sono infatti rotti dal 1951 e la Repubblica Popolare da quando ha avocato a sé il diritto di regolare il culto delle religioni si è pure appropriata della facoltà di promuovere a sua discrezione i responsabili delle diocesi. Rientrando, secondo Pechino, questa attività nella sfera degli «affari interni» dello Stato. Il gesto ha però una valenza politica per diverse ragioni. Da un paio d’anni Vaticano e Cina, nel tentativo di riannodare il discorso di un reciproco riconoscimento, avevano trovato un punto di equilibrio nella prassi di lasciare alla Santa Sede il diritto di indicare un nome o una rosa di nomi di candidati vescovi e di attribuire a Pechino il diritto di scelta. Così è avvenuto per le cariche ausiliarie di Shanghai e di Xian, nonché per quella ordinaria di Suzhou. Ciò nell’attesa di un accordo complessivo sullo scambio delle rappresentanze diplomatiche fra Vaticano e Cina, percorso che spalancherebbe le porte della Grande Muraglia al viaggio storico del Papa. […]
Il testo integrale dell’articolo di Fabio Cavalera è stato pubblicato sul sito del Corriere della Sera