L’elenco dei musulmani condannati a morte per apostasia si allunga sempre più. Tra i nomi nuovi spiccano quello di Hassan Al Turabi, il più influente e controverso leader islamico sudanese, e Gamal Al Banna, fratello del fondatore dei Fratelli Musulmani. A testimonianza della gravità della minaccia, Gamal Al Banna presiede un «Comitato di difesa delle vittime delle fatwe del terrore». Perfino Osama Bin Laden ha deciso di aderire a questa sorta di tribunale dell’inquisizione islamico che taglierebbe la testa alla gran parte dei musulmani. Compreso un misterioso Khaled Hilal, egiziano, residente in Italia, definita «territorio della miscredenza, degli adoratori della croce, dell’oppressore e del politeismo». […] Per aver lanciato l’appello «Toglietevi il velo!» alle donne musulmane, la ricercatrice svizzero-yemenita Elham Manea è finita anch’essa sotto le grinfie dei predicatori d’odio che l’hanno tempestata di minacce di morte. Ma lei ha replicato a testa alta sul sito www.metransparent.com , rifiutando le intimidazioni. Così come ha fatto Shaker Nabulsi, intellettuale giordano residente negli Stati Uniti, incluso in un elenco di 33 personalità riformatrici e liberali, condannate a morte dal sedicente gruppo dei «Partigiani vittoriosi del Profeta di Allah». […] Nella sentenza di condanna a morte collettiva, si precisa che gli apostati «non fanno più parte dell’islam, si sono accodati ai predicatori della miscredenza, gli adoratori cristiani della croce e degli idoli, hanno avuto rapporti con i figli delle scimmie e dei maiali tra la gente di Israele». Ai 33 «apostati» era stato concesso un ultimatum di tre giorni, scaduto il 13 aprile scorso, per pentirsi. Tra i nomi spicca quello dei teologi riformatori egiziani Gamal Al Banna e Mohammad Said Al Eshmawi, l’intellettuale liberale egiziano Saad Eddine Ibrahim, la psicologa siriana residente negli Stati Uniti Wafa Sultan, l’intellettuale tunisino Lafif Al Akhdar, residente in Francia. Il fatto che la schiera degli «apostati» cresca sempre più potrebbe essere un segno di debolezza dei terroristi. Un tentativo di arginare una corrente di pensiero che ha il coraggio di denunciare apertamente i loro crimini. Certamente questo è soltanto l’inizio della resa dei conti.
Il testo integrale dell’articolo di Magdi Allam è stato pubblicato sul sito del Corriere della Sera