I grandi elettori hanno votato, i grandi elettori a maggioranza hanno deciso: Giorgio Napolitano è l’undicesimo capo dello Stato, il presidente di tutti gli italiani, chiamato a rappresentare l’unità del Paese e a garantire il sereno equilibrio tra i poteri. […] È importante, insomma, che la riconosciuta «capacità di ascolto» di Napolitano, ora che potrà esercitarla dal Colle più alto, venga rivolta con continuità verso il Paese reale nella sua complessità. Che a essere ascoltata, compresa e interpretata sia l’anima profonda del popolo italiano. Un impegno che non merita disattenzioni o esitazioni, e che non può conoscere discriminanti. Il dato religioso costitutivo della cultura italiana – e, quindi, di una parte essenziale del nostro vissuto comunitario – non è un’etichetta formale o solo istituzionale, è un’esperienza di vita. Profonda. E quanti intendono il proprio ruolo pubblico come servizio alle istituzioni comuni e ai concittadini sanno – comunque si pongano, sul piano personale, rispetto alla fede religiosa – che questa realtà non può essere ignorata, misconosciuta o anche solo sottovalutata. […]
Il testo integrale dell’articolo di Marco Tarquinio è stato pubblicato sul sito di Avvenire