Attacco a Liberazione: è antisemita

Enzo Apicella viaggia sugli ottant’anni, vive a Londra ed è abituato alle polemiche sulle critiche ad Israele e le accuse di antisemitismo, «è come l’antiamericanismo», raccontò il vignettista al suo giornale, «il velo mimetico dietro cui si nascondono le atrocità di Bush». Sarà, ma stavolta la polemica ha varcato i confini ed è arrivata in Israele: «Antisemitismo oltraggioso», titolava ieri il quotidiano israeliano Yediot Ahronot . Pubblicando la vignetta apparsa venerdì su Liberazione , quotidiano di Rifondazione: il muro israeliano al confine con i territori palestinesi e un cancello identico a quello del campo di sterminio di Auschwitz; al posto del motto nazista Arbeit macht frei , «il lavoro rende liberi», la scritta «la fame rende liberi». La vignetta, scrive il giornale israeliano, ha indignato anche l’ambasciatore in Italia Ehud Gol. Israele come Hitler, gli ebrei da vittime a carnefici, «il più classico topos antisemita», sospira il deputato ds Emanuele Fiano, figlio di uno dei grandi testimoni della Shoah (il padre Nedo fu deportato con l’intera famiglia a Birkenau: su undici persone, tornò solo lui) e promotore di «Sinistra per Israele». Piero Sansonetti direttore di Liberazione , non ha voglia di parlare di problema politico: «Su una vignetta? No, mi spiace. È una vignetta, punto e basta. Ricordo che uno dei più noti disegnatori italiani ritrae quasi sempre D’Alema come Hitler». Ma il problema politico c’è. Yasha Reibman, portavoce della comunità ebraica milanese, chiama in causa il presidente della Camera: «Ringrazio il vignettista e il direttore di Liberazione per aver mostrato il ventre molle del pregiudizio antisemita. Noi ci rivolgiamo a Bertinotti e gli diciamo: si faccia sentire. Da due anni avevamo parlato di fare incontri con la base del partito, parlare di Israele e democrazia, il suo silenzio sarebbe un’altra occasione persa». Emanuele Fiano dice che ne parlerà al nuovo segretario di Rifondazione: «Mi piacerebbe impostare un lavoro con Franco Giordano, bisogna capire com’è possibile che dalla pancia della cultura antifascista e antinazista possa nascere una comparazione così odiosamente classica del pregiudizio». […]
Fonte: il Corriere della Sera

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